Gli studenti tradiscono Bachelet
Era il marzo 2014, poco più di due anni fa, e in Cile Michelle Bachelet festeggiava la vittoria elettorale. Insieme con lei la studentessa agitatrice di folle Camila Vallejo, bellissima, rappresentava quel movimento nato dalle scuole e dalle università che forse più di ogni altro aveva assicurato alla presidente socialista la vittoria. Bachelet, allora, era l’ultima arrivata, o meglio ritornata (era già stata presidente tra il 2006 e il 2010), di quell’ondata socialista che con varie sfumature, da quelle dittatoriali (Maduro in Venezuela) a quelle nazionaliste (Morales in Bolivia, Correa in Ecuador, Kirchner in Argentina) a quelle populiste ma relativamente più innocue (Rousseff in Brasile e la stessa Bachelet), sembrava ancora rampante in tutta l’America latina.
Oggi la presidente cilena è invece l’ultima a subire i morsi di una crisi che sta distruggendo o sfiancando uno per uno i vecchi campioni del socialismo. E proprio gli studenti, forza portante del governo Bachelet, sono quelli che lo stanno facendo traballare. Da più di un mese nelle piazze cilene gli studenti protestano con violenza contro la presidente, che si è fatta eleggere promettendo scuole e università gratis per tutti, e che poi, per un mix di realismo e a causa del peggioramento della situazione economica, non ha mantenuto. Gli scontri sono diventati mano a mano più violenti e sistematici, con i manifestanti che hanno iniziato a dar fuoco non solo ai cassonetti ma a interi edifici, e alla fine c’è scappato anche un morto, un passante asfissiato dai fumi di un incendio. Le file dei manifestanti si vanno ingrossando, e anche la moderata Bachelet potrebbe diventare vittima di quella crisi del socialismo che sta colpendo i suoi colleghi in tutto il continente.