“Ogni centimetro” della Siria
Il rais siriano Bashar el Assad si è presentato in Parlamento martedì, è stato accolto dai deputati appena eletti in quelle che Damasco chiama elezioni con il coro “sacrifichiamo la nostra anima e il nostro sangue per te, Bashar!” e ha detto che le sue truppe riusciranno a “liberare ogni centimetro” della Siria. Spiegando che la situazione militare sul campo è per le forze di Damasco migliore di quanto non fosse alcuni mesi fa, Assad ha detto che Aleppo, città sotto assedio e sotto bombardamenti nel nord del paese, sarà “la tomba dove saranno sepolte le speranze e i sogni del macellaio Erdogan”. Il presidente turco è considerato, assieme ai sauditi, il nemico numero uno dal rais siriano e dal suo alleato: la Russia di Vladimir Putin. Grazie all’intervento militare russo, iniziato a fine settembre 2015, Assad ha riconquistando Palmira e, come ha ricordato ieri il Nyt, punta sulla città simbolo dell’Isis, Raqqa, dove operano le truppe curde e siriane con il raccordo americano. Allo stesso tempo ha però consolidato il proprio potere e ha ritrovato la forza per poter dire, davanti ai suoi deputati esultanti, che la Siria è sua e che la riprenderà tutta, costi quel che costi. Il costo, oggi si sa, è tutto sui siriani che vengono costantemente bombardati e che non riescono a ricevere quegli aiuti umanitari che la comunità internazionale ha assicurato, contando di riuscire a fare pressioni su Damasco.
Dovrebbe ormai essere chiaro che le opere di persuasione di ispirazione onusiana non hanno effetto su Assad né sui suoi alleati (è curioso come Putin riesca a controllare molte azioni del suo alleato siriano, ma non riesca a convincerlo a dare da mangiare ai villaggi assediati). Il portavoce del dipartimento di stato Mark Toner ha definito il discorso un “vintage Assad”, ma in questo “vintage”, in questo ritorno al passato, sta il fallimento di ogni negoziato intrapreso finora per convincere il rais a fermare la repressione sul suo popolo. Il cessate il fuoco è collassato, gli aiuti umanitari non arrivano e Assad usa i toni di chi non ha alcuna intenzione, né necessità, di raggiungere qualsivoglia compromesso. La prossima tappa del negoziato è il 1° agosto, l’implementazione di quel “piano di transizione” su cui punta la diplomazia americana e che dovrebbe portare a una nuova leadership a Damasco. Non c’è un elemento reale che faccia pensare che Assad, con i suoi alleati russi e iraniani, abbia in mente di assecondarlo.