Tutta colpa di Trump, delle pistole e del suprematismo bianco. Un bestiario dei giornali italiani su Orlando
I criminali di Columbine o di Aurora nel Colorado e la falciatura di gay e lesbiche nel “Pulse” di Orlando nel nome del Profeta – la stessa città dove ieri l’altro fu spenta l’innocua nocetta di una piccola stella del pop da talent show – sono azioni di retroguardia, condotte con il volto girato verso un passato che non può mai più tornare, ma che i cultori neonazi dell’America Bianca e i nuovi americani missionari della purificazione morale a colpi di Corano calibro nuove continueranno a combattere. E’ la nuova Mein Kampf 2.0.
Trovano ora per la prima volta anche nei grandi imbonitori della politica ufficiale voci che li incoraggiano a condurre la nuova guerra civile e massacrare, per ora simbolicamente, i nemici, quali che essi siano, di volta in volta. Per rifare l’America Grande per gli obitori e i muri e le Glock calibro 9 per tutti, come vuole Donald Trump.
Editoriale di Vittorio Zucconi, Repubblica
Il massacro di Orlando, pur con le sue dimensioni impressionanti e l’origine afgana dell’assassino, potrebbe essere il crimine di uno squilibrato dettato dall’odio contro una minoranza: in questo caso quella dei gay. Qualcosa di simile agli attacchi dei “white supremacist” contro i neri in una chiesa di Charleston o in un tempio sikh del Wisconsin.
(…) Dopo la strage di San Bernardino, a dicembre, era diffuso il timore che l’atmosfera surriscaldata della campagna elettorale potesse alimentare altri attentati di ‘lupi solitari’. (…) Più che al terrorismo, il massacro di Orlando ci riporta alle stragi insensate nelle scuole, nei cinema, nei campus universitari d’America. E agli ‘hate crime’ degli estremisti della supremazia bianca che di volta in volta hanno preso di mira varie minoranze etniche e religiose. Stavolta l’intolleranza è quella di un uomo di origine afgana, ma il suo sembra essere il gesto di uno squilibrato violento più che quello di un estremista religioso con un’agenda precisa.
Editoriale di Guido Olimpio, Corriere della Sera
Con chi ce l’ha, Cunningham?
Con tutti quelli che denigrano ogni giorno la comunità omosessuale: politici, religiosi, ognuno che abbia risonanza pubblica e che viene ancora invitato dai media. Sono tutti responsabili di questa mattanza.
Per esempio?
Prenda Ted Cruz, il candidato repubblicano sconfitto da Trump. Ha ricevuto il sostegno anche da un predicatore evangelico (Kevin Swanson, ndr) secondo cui i gay dovrebbero essere giustiziati. E Cruz lo ha accettato. Poi ha perso le primarie repubblicane. Ma quel religioso è ancora lì. E nessuno dice niente. Persone come queste sono corresponsabili della strage di oggi. (…) Soggetti come Trump danno solo un megafono più estremo a sentimenti di destra che hanno avuto sfogo per decenni: omofobia, sessismo, isolazionismo. E oggi abbiamo raggiunto questo climax inquietante.
Intervista a Michael Cunningham, scrittore americano, Repubblica
“Licenza di strage. (…) Il Far west del paese più armato è la guerra persa da Obama, vinta dalla lobby filo Trump”.
Titolo di apertura de l’Unità
Il problema principale risiede nella mancanza di regolamenti sull’acquisto di armi da fuoco.
Federiga Bindi, l’Unità
Mentre canti e balli ti possono uccidere. A Orlando, in California, nel locale frequentato da persone omosessuali la morte è arrivata in una nottata di divertimenti. A imbracciare le armi, a portare un ordigno, un killer che spara sulla folla. Una folla di gente che non sta facendo nulla se non riunirsi come accade il sabato sera quasi in ogni angolo del mondo. Strage omofobia? Il movente è l’odio contro i gay, dice il padre del killer. Nell’America che conosce l’intolleranza e pare apprezzarla, visto il consenso riscosso da Donald Trump, l’omicida ha preso di mira proprio gay e lesbiche. Trump, più friendly in passato, in questa campagna ha dichiarato che se verrà eletto annullerà il decreto della Corte Suprema per ripristinare come unico matrimonio quello tra un uomo e una donna. Come al solito, gay e lesbiche possono diventare bersagli molto facili nel corso delle campagne elettorali.
Delia Vaccarello, l’Unità