Il contagio dell'odio anti Israele
Nei corridoi del Palazzo di vetro dell’Onu, si sa, non c’è bersaglio preferito di Israele. Che sia una reprimenda del Consiglio di sicurezza, un report dell’Unesco che anziché dedicarsi alla preservazione del patrimonio archeologico decide di lasciarsi andare a pesanti commenti anti israeliani, o il lavoro di qualche bella commissione a guida saudita o iraniana, alla Nazioni Unite c’è sempre una buona ragione per attaccare Gerusalemme. E come ha scritto ieri sull’edizione americana del Wall Street Journal Janice Halpern, all’accanimento sembra non esserci mai fine. Dei tanti organismi onusiani che di recente hanno criticato e sanzionato, attaccato e condannato Israele, uno mancava da qualche anno: l’Organizzazione mondiale della sanità. L’emergenza Zika imperversa in mezzo mondo ed è pronta a rovinare le Olimpiadi brasiliane, ricorda Halpern; i focolai di Ebola sono stati appena spenti in Africa occidentale, e la febbre gialla azzanna l’Angola.
L’Organizzazione deputata a vegliare sulle emergenze sanitarie nel mondo è davvero impegnata, ed è comprensibile, dunque, che non abbia avuto tempo di trattare del disastro umanitario nello Yemen martoriato dalla guerra, degli ospedali bombardati dal governo siriano o della crisi in Venezuela, dove non si trovano siringhe per le iniezioni. Ma nessuna emergenza planetaria ha impedito ai solerti funzionari onusiani di stilare un report particolare, l’unico dedicato a un solo paese, sulle “condizioni sanitarie” in quell’inferno che è Israele, certo peggiore di tutti i luoghi sopracitati, dove urge indagare la situazione dei, e qui citiamo, “territori palestinesi occupati” e delle “alture occupate del Golan”. L’Oms, che si occupa di prevenire le pandemie, sta contribuendo al contagio dell’odio.