La settimana horribilis dell'Ue
Una settimana decisiva è iniziata nel peggiore dei modi per l'Unione europea: la sconfitta del più forte leader socialdemocratico in Europa nelle elezioni municipali domenica e il successo del Movimento 5 stelle a Roma e Torino gonfiano l'onda populista che sta attraversando l'Europa e rischia di travolgere l'intero progetto nel referendum di giovedì sulla Brexit. L'uscita del Regno Unito “potrebbe essere il primo passo della disintegrazione”, ha detto oggi il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, lanciando un appassionato appello agli elettori britannici: “Stay with us. We need you”. Nonostante i sondaggi diano il Remain in recupero dopo l'assassinio di Jo Cox, l'allarme è giustificato dal fatto che “le conseguenze politiche e geopolitiche” del referendum “sono totalmente imprevedibili”. Quel che è certo è che “i nostri nemici interni ed esterni stapperanno bottiglie di champagne se il risultato del referendum sarà Brexit”, ha avvertito Tusk.
Nazional-populisti di destra e sinistra devono aver preparato una grossa cassa di champagne per questa settimana. Domenica la Spagna torna alle urne dopo il voto inconcludente dello scorso dicembre e i sondaggi non rassicurano Bruxelles. Unidos-Podemos — la formazione nata dalla fusione dell'estrema sinistra di Izquierda Unida e degli anti-sistema di Podemos — è in gran forma e dovrebbe superare i socialisti del Psoe, con la possibilità per il suo leader Pablo Iglesias di essere in posizione di forza per rivendicare la guida di un governo di sinistra-sinistra simile a quello che sta rimettendo in discussione risanamento e riforme in Portogallo. L'alternativa è un altro voto inconcludente, che metterebbe la Spagna in concorrenza con il Belgio per il titolo di paese meno governabile d'Europa. Ma prima del referendum britannico e delle elezioni spagnole c'è una scadenza più insidiosa. Domani la Corte costituzionale tedesca deciderà sullo scudo anti-spread di Mario Draghi (il programma di acquisti di titoli della Bce OMT) che aveva salvato la zona euro nell'estate 2012. Karlsruhe potrebbe vietare alla Bundesbank di comprare titoli in nome di Draghi, ma alcuni osservatori scommettono su un esito meno traumatico: la richiesta di modificare il Trattato Ue per legalizzare un programma che è al limite del finanziamento monetario. A poco più di un anno dalle elezioni federali, e nel momento in cui Alternativa per la Germania sale nei sondaggi, la sentenza rischia di trasformare la solidarietà europea in un soggetto tossico per la Cdu di Angela Merkel e la Spd di Sigmar Gabriel.
Tusk ha garantito che gli stati membri e le istituzioni dell'Ue sono “già pronti per il giorno dopo il referendum” sulla Brexit. Il grande timore è una crisi sistemica che travolga Portogallo e Italia, alle prese con l'estrema fragilità del loro settore bancario. Alla Bce è stato affidato il compito di metterci una pezza in caso di panico sui mercati. Per rassicurare contro un effetto domino che potrebbe portare altri a uscire, i leader faranno grandi promesse sull'irreversibilità del progetto europeo e su nuovi cantieri da aprire. Ma gli stati membri — a cominciare da Francia e Germania — divergono su tutto: dal futuro dell'euro alle quote dei migranti. Il reality check per l'Ue lo ha fatto il Fondo monetario internazionale nel suo rapporto annuale sulla zona euro: la congiuntura è “critica” perché “le crescenti divisioni politiche e l'euroscetticismo hanno indebolito le prospettive di azione collettiva, lasciando l'area euro sempre più vulnerabile (…) nel momento in cui c'è poco margine di manovra” in termini di risposta economica e politica.