Perché in Europa c'è una ondata di affettata intransigenza moralistica
In Svezia, la maggioranza delle piscine pubbliche ha introdotto orari separati per uomini e donne per evitare noiosi palpeggiamenti e molestie. Nell’amministrazione pubblica di alcuni quartieri di Amsterdam, a forte immigrazione islamica, alle dipendenti è stato chiesto di mettere le minigonne nell’armadio. Troppo provocatorie per i canoni mediorientali dei nuovi arrivati. A Londra, il sindaco musulmano-ecumenico Sadiq Khan ha dichiarato guerra alle pubblicità osé, che usano il corpo delle donne. Nelle università francesi c’è stato un maggio pudico all’insegna del velo islamico. In Italia, in un impeto di moralismo autocensorio, abbiamo velato numerosi nudi esposti da tempi immemorabili ai Musei Capitolini, per evitare che i delegati iraniani vedessero tanta bellezza esposta.
In Germania, un giudice si è persino scomodato per togliere dalla circolazione alcuni versi sessuali sul presidente turco Erdogan in una ondata di isteria che ha travolto il comico Jan Böhmermann. Adesso, dalla Sassonia, arriva la notizia che a un club di nudisti, fondato un secolo fa, è stato chiesto di velarsi per la presenza nei paraggi di un centro di accoglienza per rifugiati. Lungo il lago sono stati già installati dei cartelli che prescrivono in tedesco, arabo, albanese e persiano “l’obbligo di indossare il costume da bagno”. Qualcuno avverta i fondamentalisti islamici che, in Francia, i voluttuosi socialisti al potere hanno nel frattempo bandito ufficialmente anche la prostituzione, criminalizzando i clienti. Basta con lo stereotipo dell’occidente immorale e desnudo. Stiamo vivendo un’ondata di castigatezza vittoriana. A dir poco ridicola.