Clinton, la candidata estremamente sbadata
Ieri il capo dell’Fbi, James Comey, ha parlato della celeberrima inchiesta del Bureau sull’uso che Hillary Clinton ha fatto delle email quando era segretario di stato, e il dato politico che ne è emerso è presto detto: Hillary ha vinto, i suoi avversari hanno perso. Comey ha pubblicamente raccomandato al dipartimento di Giustizia di non aprire un fascicolo per un caso dove non si riscontra una chiara intenzione di occultare o alterare dati secretati. Un portavoce di Hillary ha detto: “Siamo lieti che la questione sia risolta”, e la letizia è moltiplicata dal fatto che l’irrituale annuncio è arrivato proprio nel giorno in cui la candidata ha iniziato la sua campagna assieme a Barack Obama. Che felice coincidenza.
Il caso è chiuso, ma una quesitone rimane aperta, quella che Comey ha condensato in due parole: “Extremely careless”. Hillary e i suoi consiglieri sono stati “estremamente sbadati” nel gestire informazioni riservate, che sono transitate in vari server privati fuori dal protocollo ufficiale e dunque esposte alle aggressioni di agenti esterni. Non l’hanno fatto apposta, ha concluso l’Fbi, è stato un pasticcio fatto di negligenza e leggerezza, uno spaccato del modo allegro di trattare informazioni sensibili che regna nell’apparato diplomatico. Naturalmente Donald Trump dice che il sistema è “rigged”, è viziato contro di lui, e con un paragone improprio evoca il caso Petraeus, ma qui – stando a quel che dice l’Fbi – non si tratta dell’intenzione criminale della candidata, quanto della sua “estrema sbadataggine”. Si tratta di stabilire se il leader del mondo libero può essere una persona estremamente sbadata quando si tratta di segreti di stato.