Venezuela, destino Manifesto
Sul manifesto l’epopea chavista supera la descrizione della Vtelca, la ditta di smartphone socialisti a cui il quotidiano comunista aveva dedicato intere paginate (“Entriamo in una fabbrica che avanza nel futuro con lo sguardo voltato all’indietro, come l’Angelus Novus”). Ora il Manifesto intervista direttamente Nicolás Maduro, l’ex autista di autobus e vice di Chávez, che sta conducendo il Venezuela verso la catastrofe. In quello che praticamente è un monologo, il presidente venezuelano dice che la crisi alimentare, sanitaria e democratica è causata da un complotto di “gruppi economico-politici che dipendono dal finanziamento della destra internazionale” e da un’opposizione che “non riesce a nascondere l’odore di fascismo che emana”.
Non si parla della compressione di libertà e diritti, dello svuotamento del Parlamento, del rifiuto di indire il referendum revocatorio chiesto dalle opposizioni, dei prigionieri politici, della cronica scarsità di cibo e dell’inflazione stellare, perché l’intervista vira su temi più attuali come la Rivoluzione d’Ottobre: “L’anno prossimo saranno 100 anni dalla vittoria bolscevica del ’17 che ha cambiato il corso dell’umanità”, dice Maduro, che si ispira a “Lenin, Mao, il Che, Allende e Chávez”. Il paese ha qualche problemino, ma è colpa degli imperialisti internazionali che attraverso “i sicari economici organizzano il sabotaggio interno”. Maduro spiega però come il governo sta affrontando la cospirazione antisocialista: “Stiamo nuotando controcorrente”. Per essere più precisi l’ex autista di bus sta guidando contromano e il problema non è tanto che il Manifesto gli dica che va nella giusta direzione, ma che i venezuelani non possano scendere.