Il singhiozzo del leader liberal
Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha colto l’occasione dell’ultimo vertice Nato in Polonia per far visita a quel che resta del campo di concentramento nazista di Auschwitz. Una visita toccante, accompagnato tra gli altri da Nate Leipciger, ex prigioniero e sopravvissuto del campo che emigrò in Canada nel 1948 all’età di 18 anni. Dopo essere entrato anche nell’area adibita a stoccare indumenti e oggetti depredati agli ospiti del campo, una stanza chiamata “Canada”, Trudeau ha commentato: “Oggi abbiamo visto cosa possa fare la deliberata crudeltà umana”. Poi richiami più generici all’“umanità che deve imparare ad amare la propria diversità”, e soprattutto – dicono le cronache – svariate interruzioni di pianto. Lo stesso Trudeau che aveva pianto, lo scorso dicembre, dopo aver annunciato scuse ufficiali agli aborigeni canadesi, secoli fa vittime di soprusi da parte dei primi colonizzatori europei. Non è il primo leader occidentale a mostrare fiero le sue lacrime; quest’anno era toccato già al presidente Barack Obama che, dopo una sparatoria particolarmente cruenta negli Stati Uniti, aveva singhiozzato in pubblico. Tutto comprensibile. Anzi, il fatto di commuoversi di fronte a fatti che riteniamo violare gli standard minimi della nostra morale condivisa è un segnale di civiltà da non rinnegare. Un tratto distintivo dei nostri leader liberal-democratici. Tutto bene, dunque?
Non esattamente. E non soltanto perché stona accostare la memoria della Shoah con i maltrattamenti subiti dagli aborigeni canadesi secoli fa e con una cripto-celebrazione del multiculturalismo che Trudeau ha elevato al rango di politica pubblica indiscutibile del suo Canada. Quel che preoccupa sono leader occidentali cui sembrano rimaste solo le lacrime. Trudeau, infatti, è pur sempre il leader che, poco dopo la sua elezione, ha annunciato di aver ordinato la fine delle operazioni dei caccia militari canadesi che – seppure in maniera minima – stavano bombardando obiettivi dello Stato islamico in Iraq e in Siria. Mentre l’Obama piangente è lo stesso leader che, di fronte agli ultimi attacchi terroristici sul suolo americano (San Bernardino e Orlando), ha molto parlato di “gun control” da implementare e mai ha accennato all’ideologia islamista che ne faceva da movente. Se la resa è l’unico risvolto strategico della commozione pubblica dei nostri leader, a noi cittadini non resta che piangere.