Perché i lupi solitari non sono così soli
Cosa ci insegna il caso del 17enne afghano che in Germania, su un treno, ha aggredito decine di persone a colpi d'ascia. Nuovo attacco con coltello in Francia, quattro donne ferite
L’ultimo lupo solitario del jihad che si è palesato sul continente europeo e ha provato a fare la sua guerra santa a colpi di ascia è un ragazzo afghano di diciassette anni, che aveva chiesto asilo in Germania un anno fa, dopo essere arrivato alla frontiera come minorenne non accompagnato (l’anno scorso la Germania ha accolto più di un milione di migranti, tra cui più di 150 mila afghani). Il teenager aveva lasciato da due settimane il campo profughi in cui era stato accolto al suo ingresso ed era stato affidato a una famiglia, che abitava in una cittadina della Baviera poco lontana da dove è stato sferrato l’attacco, a Wuerzburg. Gli investigatori hanno trovato nella sua stanza una bandiera nera dello Stato islamico dipinta a mano e un testo scritto in pashto che fa pensare a “un’autoradicalizzazione” del ragazzo. Il diciassettenne è stato ucciso dalla polizia tedesca dopo aver ferito gravemente tre cittadini di Hong Kong e aver mandato all’ospedale altre 15 persone. E' descritto come un ragazzo calmo, che non destava preoccupazioni, che frequentava la moschea “soltanto nelle occasioni speciali”.
Un'ambulanza vicino al punto in cui è avvenuta la strage (foto LaPresse)
Lo Stato islamico ha rivendicato l’attentato, ha detto che il teenager è “un combattente” del gruppo, facendo alzare il sopracciglio agli esperti che da giorni – dall’attentato di Nizza a opera di un musulmano molto poco pio – ripetono che queste rivendicazioni non sembrano credibili. I toni non sono quelli trionfanti delle grandi occasioni, sembra quasi che lo Stato islamico, indebolito laddove vuole farsi stato, tra la Siria, l’Iraq e la Libia, corra a mettere la sua firma su attacchi con cui in pratica c'entra poco. Sarà, ma intanto a Nizza un trentenne “più psicopatico che jihadista” ha fatto 84 morti e in Baviera un teenager è stato abbattuto prima di poter fare una strage – ma dopo, secondo un testimone, aver gridato “Allah Akbar”.
Allo stesso modo oggi, in un villaggio vacanze delle Hautes Alpes, nella Francia meridionale, un uomo identificato dai media francesi come un musulmano praticante di origine marocchina ha attaccato con un pugnale una donna di 46 anni e le sue tre figlie. La più piccola, una bambina di 9 anni, è grave ma non in pericolo di vita. Secondo fonti della polizia sentite dai media, l'aggressione sarebbe dovuta al fatto che le quattro donne indossavano abiti giudicati dal padre troppo "leggeri".
I puristi che studiano il linguaggio e la strategia del terrorismo potranno segnalare alcune eccezioni rispetto alla procedura tradizionale attacco-rivendicazione, ma non deve sfuggire che nella definizione autoconsolatoria di “lupo solitario” ci sono due elementi terrorizzanti. Il primo: il lupo jihadista non è mai solitario, va a caccia di una causa e di una comunità e la trova, velocemente, senza troppe domande sull’islam o sul Corano. Non c’è un test, c’è la passione jihadista che fa da collante a lupi che vanno via via ispirandosi a vicenda, inventando metodi di ammazzamento sempre più a basso costo e bassa tecnologia ma non per questo meno efferati. Il lupo jihadista non è affatto solitario e non è meno pericoloso dei gruppi cui s'ispira. Il Califfato di Al Baghdadi vuole terra, roccaforti, popolazione soggiogata, ha una visione antica di conquista, per questo può essere colpito e fatto arretrare con i mezzi della guerra. Il jihadista che s’ispira alla causa sfugge, attacca, terrorizza, non c’è nulla di consolatorio nella sua figura, non in un continente sott'attacco che già sta discutendo su come si fa o non si fa uno stato d'emergenza.