I voti liberisti alla Trumpnomics
Donald Trump lunedì scorso ha presentato, in occasione di un discorso al Detroit Economic Club, il suo piano per stimolare la crescita economica degli Stati Uniti. Il Wall Street Journal, in un editoriale, ha notato come “il piano di Trump sia quello più dettagliato presentato finora dal candidato repubblicano e segni un passo in avanti su regolamentazione, tasse ed energia. Trump ha presentato il suo piano come un percorso per uscire dallo status quo della crescita lenta, aprendo un dibattito che il paese deve affrontare e sul quale i sondaggi mostrano che egli gode di credibilità tra gli elettori”. Il piano si basa innanzitutto su tagli alla tassazione sulle imprese, nota il Wsj: “Taglierebbe l’imposta di reddito delle società dall’attuale non competitivo 35 per cento al 15 per cento. (…) In un colpo, l’aliquota del 15 per cento renderebbe gli Stati Uniti di nuovo competitivi, come destinazione di investimenti, rispetto al resto del mondo industrializzato, perfino con Irlanda, Singapore e Regno Unito”. Inoltre, per favorire il rientro di capitali, “Trump ha proposto una speciale aliquota del 10 per cento per le aziende che fanno rientrare i duemila miliardi di dollari che hanno guadagnato all’estero”. Sul piano della tassazione individuale, “ha proposto l’anno scorso quattro aliquote, con un tetto del 25 per cento, mentre ora propone un’aliquota del 12 per cento, una del 25 e una del 33”.
Per il quotidiano, si tratta di un’ipotesi più realistica, in linea con quanto proposto finora dai Repubblicani alla Camera e infine opposta a quanto suggerito dalla candidata democratica Hillary Clinton che prevede invece aumenti di tasse e più spesa pubblica per migliaia di miliardi. Il Wsj nota compiaciuto un’ulteriore sinergia con il Gop: “Il candidato ha proposto una moratoria sulla regolamentazione e una riduzione alle barriere sulla produzione energetica domestica”. Fin qui le aperture di credito del giornale finanziario americano. Che poi però critica “la pillola avvelenata del protezionismo” contenuta nella piattaforma programmatica di Trump. Quest’ultimo “ritiene che il deficit commerciale equivalga a una perdita di posti di lavoro in America, nonostante il collegamento sia inesistente. Gli Stati Uniti tendono ad avere un elevato deficit commerciale quando l’economia va bene, e viceversa”. Alzare le tariffe dunque non manterrebbe posti di lavoro negli Stati Uniti, ma “ridurrebbe gli standard di vita dei consumatori americani”. Il Wall Street Journal conclude così: “Un discorso sull’economia non persuaderà gli americani che hanno dubbi sulla credibilità di Trump come presidente. Per rivitalizzare la sua campagna, dovrà insistere sul tema della crescita economica ogni giorno da qui a novembre”.