Turchia da retrovia a bersaglio
L’ultimo attentato islamista nel paese: c’è l'irruzione della cultura della morte in una festa della vita. E poi il fatto che Erdogan, complici i suoi errori, si trova ora in un corpo a corpo troppo ravvicinato con l’Isis.
Nell’attentato suicida che sabato ha fatto 54 vittime durante un matrimonio a Gazantiep, in Turchia, abbiamo assistito di nuovo all'irruzione della cultura della morte in una festa della vita, al kamikaze islamista che semina distruzione e dolore in una celebrazione di gioia. Non solo. Lo stesso attentato segnala un groviglio inestricabile in cui si trova Ankara, ai confini con l’Europa. A maggio un emiro turco dello Stato islamico, Yunus Durmaz, si fece saltare in aria per non essere catturato durante un raid della polizia a Gaziantep, la piccola cittadina sul confine siriano che prima del 2011 era insignificante ma oggi è la porta d’accesso alla guerra. Fra i documenti operativi che furono trovati sul suo laptop c’era anche una lista di possibili bersagli per compiere stragi e fare salire la tensione etnica in Turchia: tra questi, i matrimoni curdi. Sabato sempre a Gaziantep è successo proprio questo. Un ragazzino che secondo le autorità non aveva più di 14 anni si è infilato fra gli invitati con l’ennesima bomba piena di chiodi e ne ha ammazzati 54.
L’agenzia ufficiale dello Stato islamico, che rivendica in tempo reale ogni attacco – anche bagatelle minori come colpi di mortaio in Iraq e sparatorie in Libia – in questo caso tace: in Turchia lo Stato islamico applica regole diverse rispetto al resto del mondo, non rivendica per seminare sospetti e alimentare il sentimento paranoico prevalente (che in taluni casi è giustificato: vedi Erdogan che temeva un golpe militare). La stessa rivista dello Stato islamico in turco, Kostantiniyye, nell’ultimo numero proclama la necessità strategica di alzare la fiamma della guerra interna tra minoranza curda e governo. Su un altro tratto di confine, vicino Qarqamish, un campo militare turco è il luogo dove si stanno radunando quattro gruppi armati della rivoluzione siriana per strappare una città siriana, Jarablus, allo Stato islamico – dice Reuters. L’artiglieria turca già bombarda gli estremisti. E’ chiaro che lo scopo è prendere la città prima che lo facciano i curdi. La Turchia tenta di tenere lontana la violenza, ma ormai deve combattere da dietro un confine che ogni giorno è più labile.