Anne Frank non è siriana
S"uona familiare?”, ha chiesto ieri sul New York Times Nicholas Kristof nel paragonare Anne Frank ai migranti siriani. “Per la famiglia Frank, una nuova vita in America sembrava possibile. Anne aveva studiato stenografia inglese, suo padre parlava inglese e aveva vissuto sulla West 71st Street a Manhattan. L’ostacolo è stata una diffidenza americana verso i profughi. Le ragioni per l’opposizione erano le stesse di oggi per respingere i siriani. Oggi, per nostra vergogna, Anne Frank è una ragazza siriana”. Come è possibile paragonare gli ebrei degli anni Quaranta, ghettizzati, messi sui treni, espropriati dei loro beni, marchiati con la stella gialla, infine gassati con lo Zyklon B nei campi di concentramento, alle attuali vittime delle guerre in medio oriente, i bimbi di Aleppo, i migranti che cercano di raggiungere l’Europa? Nessun siriano, centroafricano o iracheno, se non i cristiani e gli yazidi massacrati dall’Isis, è oggi sottoposto a genocidio industriale.
Non è soltanto un paragone sinistro, stabilito anche dalla vicepremier svedese Asa Romson fino a Emma Bonino. E’ pure politicamente fallace. I campi di concentramento in Europa, e quel che restava dell’ebraismo europeo, sono stati liberati dalle forze angloamericane in una guerra giusta e nobile. Oggi i liberal come Kristof non sanno far altro che piangere, alzare le mani e lasciare che il medio oriente imploda su se stesso. Non si ricordano eroici editoriali del New York Times quando gli americani scoprirono altre fosse comuni, quelle che Saddam Hussein aveva approntato per sciiti e curdi. Dunque no, caro Kristof, non suona affatto familiare.
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Nella soffitta di Anne Frank