Rottamare la terza via?
Tony Blair teme che la terza via sia un vicolo cieco. Da una parte della “special relationship” transatlantica che l’ex primo ministro ha coltivato con zelo c’è il Labour di Jeremy Corbyn, dall’altra la “rivoluzione politica” di Bernie Sanders. In mezzo la Brexit e tanti tormenti europei. A tenere il punto c’è l’inossidabile famiglia Clinton, certo, ma Hillary ha indici di gradimento bassi e non scalda i cuori, per usare un eufemismo. I ragazzi le preferiscono un anziano senatore indipendente. Così Blair, ragionando di brontolii antisistema con un cronista di Politico, ammette che forse la lente usata dai democratici nei leggendari anni Novanta non è in grado di mettere a fuoco l’oggi: “Ci sono stati momenti, quando facevo carriera politica e poi quando ero primo ministro, nei quali ero certo delle mie capacità di prevedere il corso della politica. Gli ultimi anni mi hanno portato a mettere in dubbio questa certezza”.
Sono i segni della crisi di una visione del mondo germogliata quando la classe dirigente democratica ha creduto di chiudersi una volta per tutte alle spalle i portoni della storia. La storia però è ricominciata di nuovo, e pochi lo sanno bene quanto Blair, che andava a braccetto con i Clinton ma poi si è sedimentato nella memoria collettiva per l’alleanza con Bush nella guerra al terrore. Non che Blair ora proponga una rottamazione della politica centrista, ma dice che un “rinnovamento” appare necessario, magari aggiungendo un po’ di “muscolarità che al momento manca” e di cui i movimenti antisistema dispongono invece in abbondanza. Renzi farebbe bene a prendere appunti.
L'editoriale del direttore