Tutte le volte che muore Karimov, guida indiscussa dell'Uzbekistan
Ancora una volta è circolata la notizia della morte del presidente. La famiglia smentisce i media e dice che è ricoverato, ma vivo. Tutte le mosse dietro la successione del leader.
La morte di Islam Karimov è stata annunciata più volte negli ultimi dieci anni. Ma il presidente uzbeko si è ripresentato sempre più forte di prima. Paese chiave per la stabilità dell’Asia centrale, cerchiato in rosso nelle agende di Mosca, Washington e Pechino, ma quasi invisibile sulle pagine dei giornali occidentali, l’Uzbekistan non lascia trapelare notizie molto di frequente. Già quando il 28 agosto la famiglia del presidente 78enne Karimov aveva dichiarato che era stato ricoverato per una malattia sconosciuta, si è iniziato a immaginare che il regime di Tashkent fosse agli sgoccioli. L'agenzia stampa Fergana News Agency, che cita fonti anonime, dice che stavolta Islam Karimov è morto veramente, il 29 agosto per la precisione, mentre altri media, tra cui l'agenzia di stampa russa Interfax, sostengono sia ancora vivo. Come nella migliore tradizione sovietica, con l’annuncio della morte del leader diffusa solo dopo che si è consumata la lotta alla successione, è possibile che si stiano negoziando i passaggi di potere. Tra le notizie contrastanti sulle condizioni di salute del patriarca uzbeko, un messaggio inviato dalla figlia più giovane su Instagram questa mattina, suggerisce che sia ancora vivo. Il post sul profilo di Lola Karimova-Tillyaeva esprime gratitudine al pubblico per le "gentili parole di sostegno e gli auguri per la pronta guarigione del nostro presidente".
In questo post sul suo profilo Instagram Lola Karimova-Tillyaeva esprime gratitudine al pubblico per le "gentili parole di sostegno e gli auguri per la pronta guarigione del nostro presidente".
Regime brutale, responsabile di torture e repressione di massa su una popolazione di 28 milioni di abitanti l'Uzbekistan è anche snodo cruciale per oleodotti e gasdotti per l’Asia centrale. Il presidente e la sua dinastia, cresciuta all’ombra di intrighi e tradimenti sullo sfondo della leggendaria Samarcanda, sono rimasti al potere per 26 anni, dal 1990 a oggi, oscillando tra Mosca e Washington: la sua lotta contro l’islamismo, in una nazione abbracciata dalla valle di Fergana – tradizionale bacino dei guerriglieri talebani – ha convinto la comunità internazionale a chiudere un occhio sulle continue violazioni dei diritti umani. Alle elezioni Karimov vinceva con più del 90 per cento delle preferenze; poi i detenuti politici, le torture – addirittura oppositori bolliti vivi – violenta repressione delle proteste. La rottura definitiva con gli Stati Uniti arriva dopo la strage di Andijan nel 2005, quando l’esercito spara sulla folla, uccidendo ufficialmente 187 persone, secondo fonti indipendenti svariate centinaia. Per il Washington Post fu “il massacro più sanguinario dopo Tienanmen”.
In molti ora si chiedono cosa succederà se Karimov – origini oscure, un'infanzia in orfanotrofio, poi ex segretario del Partito comunista – dovesse morire o non essere più in grado di esercitare le sue funzioni. Chi potrà sostituire l'unico leader che l’Uzbekistan ha avuto da quando è diventato indipendente con il crollo dell'Unione sovietica? La costituzione prevede che il potere passi per tre mesi al capo del Senato, Nigmatulla Yuldashev. Ma la legge prescrive che successivamente bisognerà decidere il favorito per la successione, in un paese che non ha visto mai elezioni libere. La lista dei delfini è breve: esclusa la figlia Gulnara – socialite, cantante, imprenditrice e favorita del padre, ma ora ai domiciliari, dopo un’inchiesta negli Stiati Uniti per attività illecite milionarie – molti ritengono che l'erede sarà il primo ministro Shavkat Mirziyaev, che ha guidato il governo dal 2003. Il suo concorrente, il vicepremier e responsabile delle Finanze Rustam Azimov, pare sia stato arrestato nella notte di lunedì.
Dalle piazze ai palazzi
Gli attacchi di Amsterdam trascinano i Paesi Bassi alla crisi di governo
Nella soffitta di Anne Frank