I gesuiti e i vignettisti
"Contro i deboli?”, è il titolo dell’editoriale di ieri firmato da Carlo Cardia per Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Assieme al famoso pugno brandito da Papa Francesco dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo, è l’esempio più grottesco di gesuitismo sui vignettisti. Cardia parla di “satira disumana” che “non è più arguta, ariosa, graffiante”, ma che “diventa cattiva, triste, orribile”. Al centro la vignetta di Charlie sul terremoto in Italia, ma in realtà si tratta di una resa dei conti con il settimanale decimato dai fondamentalisti islamici. “La satira che dovrebbe graffiare i potenti, si fa onnipotente essa stessa e offende i più deboli”, continua Cardia, che si appoggia anche a una recente intervista “ecumenica” al Corriere della Sera di Julián Carrón, guida del movimento Comunione e Liberazione.
“Però, una satira che non colpisce i potenti, ma i deboli, conduce a qualcosa che è l’antitesi dei diritti umani”. Il pensiero poi si rivolge “ai giovani di tutte le razze, tradizioni e religioni, che ormai vivono in Italia e in Europa, e che sono i primi a gioire del sorriso, e dell’irrisione. Ma attenzione, sono anche i primi a dolersi della bruttezza e dell’oscenità che sporcano tutto”. Un editoriale che non ha bisogno di didascalia. Il motivo di tanto accanimento su Charlie Hebdo è presto spiegato: non costa niente, mentre la difesa della libertà di espressione sì. Quella ha un costo altissimo. Cardia e Avvenire dovrebbero ricordarsi che alla chiesa cattolica sono serviti 359 anni per revocare la condanna di Galileo. Ai nostri tempi, invece, persino a Ratzinger è stato imposto, dopo appena due giorni, di prendere parzialmente le distanze dalla sua dichiarazione sull’islam a Ratisbona. Complice una campagna di aggressione simile a quella subìta da Charlie Hebdo.