Sarebbero tutti morti, con il gun control
La sera di sabato scorso, in un centro commerciale di St. Cloud, in Minnesota, un somalo rifugiato negli Stati Uniti, Dahir Adan, ha accoltellato nove persone che facevano shopping. Invocava Allah, mentre colpiva, e lo Stato islamico ha rivendicato le sue azioni bruciando sul tempo perfino qualche politico locale tentato magari di minimizzare l’attacco terroristico degradandolo a “atto intenzionale” (cit. Bill de Blasio). Se le vittime sono state “soltanto” nove e se tutte sono in vita lo si deve all’intervento di un tal Jason Falconer che ha sparato ad Adan. La Cnn, fonte d’informazione seria, gli ha dedicato un articolo, intitolato sobriamente: “L’uomo che ha messo fine all’attacco in Minnesota è un eroe riluttante”.
Perché Falconer, raggiunto dai cronisti, ha detto di non volersi prendere chissà quale merito: ha agito come deve agire un ex poliziotto. La maggior parte dei media mainstream, però, specie i giornaloni italiani, girano alla larga da Mr. Falconer. Finora non si è letto nessun ritratto struggente dell’eroe per caso, come pure è accaduto altre volte, magari anche a favore di alcune vittime di attentati terroristici. Perché? Perché Falconer, semplicemente, non si presta alla narrazione di quelli secondo cui il terrorismo è colpa delle armi (caro Francesco) o dello scarso gun control (caro Obama). Falconer oggi lavora come addestratore per i molti cittadini americani che, in ottemperanza al Secondo emendamento della Costituzione, possiedono un’arma da fuoco. Sul sito della sua società, ci sono foto di Falconer – bianco e grassoccio – che sorride con fucili e cartucce a tracolla. Non sarà chic per alcuni, ma funziona.