La polizia arresta uno dei manifestanti a Charlotte (foto LaPresse)

Le notti di Charlotte

Redazione
La violenza divampa anche se la questione razziale del poliziotto bianco che uccide l’uomo nero per il solo fatto di essere nero si scioglie un po’ di fronte alla morte di Scott per mano di Brentley Vinson.

I tumulti di Charlotte, in North Carolina, seguono un copione americano che il paese ha, suo malgrado, imparato a memoria. Martedì sera un poliziotto ha ucciso un uomo di nome Keith Scott durante una perquisizione su una terza persona, episodio che ha scatenato una notte di proteste, con lacrimogeni, arresti, tafferugli e dispiego muscolare di forza da parte delle autorità. La guardia nazionale è stata convocata per assistere le forze di polizia locali, che hanno fatto una cinquantina di arresti. Un secondo uomo ucciso a colpi d’arma da fuoco nell’ambito delle proteste ha rinfocolato il caos, ma in questo caso la polizia dice che si è trattato di uno scontro fra civili, nessun agente è coinvolto. L’anomalia rispetto a tanti altri casi è che l’agente che ha ucciso Scott è a sua volta afroamericano.

 


 

 


 

La questione razziale del poliziotto bianco che uccide l’uomo nero per il solo fatto di essere nero, l’argomento fondamentale delle proteste di “Black Lives Matter”, si scioglie un po’ di fronte alla morte di Scott per mano di Brentley Vinson, il figlio di un poliziotto cha ha lavorato per il dipartimento di polizia di Charlotte per due anni; dopo l’episodio è stato messo in aspettativa, per dare modo agli inquirenti di condurre l’inchiesta, e la sua versione dei fatti è che la vittima avesse in mano una pistola. C’è un video che almeno in parte riprende l’accaduto, e il capo della polizia di Charlotte dice che non offre la prova incontrovertibile che Scott fosse davvero armato. In attesa degli esiti dell’inchiesta, la Carolina vive le notti di violenza che ormai sono un tratto della vita americana, notti dove non si distingue nemmeno più il colore delle vittime e dei loro assassini.

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