Ma che c'è andato a fare Hollande a Calais?
Per la prima volta dall’inizio del suo mandato, il presidente della Repubblica francese, François Hollande, ha visitato Calais (Pas-de-Calais), la città della “jungle”, il campo profughi più grande d’Europa, diventata nelle ultime settimane il nuovo ring elettorale dei candidati alle presidenziali del prossimo anno. Giunto in elicottero alle 8:30 di mattina, il capo di stato socialista ha iniziato la sua visita alla gendarmeria (nel pomeriggio incontra gli eletti locali, i rappresentanti delle principali associazioni umanitarie che lavorano con i migranti e alcuni imprenditori, ma non visiterà la “giungla” dove si trovano attualmente 7.000 migranti), prima di prendere la parola e utilizzare i toni di un candidato alle presidenziali: “Dobbiamo smantellare completamente e definitivamente il campo di Calais. Il governo andrà fino in fondo”. Ma oltre alla promessa che sa molto di campagna elettorale già iniziata per colui che nonostante i sondaggi nefasti crede ancora nelle sue chance di essere rieletto, Hollande ha voluto bacchettare le autorità britanniche, invitando Londra a “fare la propria parte” nella gestione del problema migranti.
“Voglio esprimere la mia determinazione a vedere le autorità britanniche fare la propria parte nello sforzo umanitario che la Francia compie qui e continuerà a compiere domani”, ha dichiarato il presidente francese, prima di aggiungere: “Non è perché la Gran Bretagna ha preso una decisione sovrana (la Brexit, ndr) che ora non ha più obblighi rispetto alla Francia”. L’allusione non dissimulata di Hollande è agli accordi del Touquet, firmati nel 2003 tra Francia e Gran Bretagna, che situano la frontiera britannica sul suolo francese e che molti candidati alle presidenziali vorrebbero rinegoziare, a partire da Nicolas Sarkozy. “Poiché la maggior parte di questi stranieri viene a Calais per passare in Gran Bretagna, voglio che i nostri amici britannici si occupino del trattamento delle richieste di quelli che vogliono asilo da loro, in un centro chiuso, in Gran Bretagna”, ha dichiarato il candidato alle primarie dei Républicains, venuto a Calais la scorsa settimana.
La rinegoziazione degli accordi del Touquet, in realtà, è anche nei piani di Hollande, nonostante non abbia voluto esplicitarlo. Ma la visita di oggi, tra la promessa di smantellare la “jungle” e le accuse frontali agli inglesi, è soprattutto l’occasione di provare a mostrare ai francesi che ha ancora l’autorità di un presidente, che nonostante l’impopolarità, il record di 16 dimissioni dall’inizio del suo mandato, gli ex ministri Emmanuel Macron e Arnaud Montebourg pronti a fargliela pagare, può ancora dire la sua. A dire il vero, in un altro quinquennato dell’attuale presidente, non ci credono più nemmeno gli hollandiani, così come il premier Manuel Valls, che off the records dice ai suoi sodali che Hollande “non ha alcuna possibilità di vincere le primarie di sinistra”. Un presidente che rimanda per quattro anni la visita a Calais, epicentro delle tensioni di un intero paese, con la scusa dei “problemi d’agenda”, è un presidente debole. E non basta alzare la voce con gli inglesi durante un comizio di fine settembre a Calais per avere l'immagine di un “presidenziabile”.