Perché India e Pakistan ce l'hanno con Doraemon?
Nonostante i suoi quasi cinquant’anni continua a risolvere senza sforzo i problemi dell’umanità e il suo pelo è sempre più blu. Ma a fare spuntare qualche capello bianco al gattone robot Doraemon, nato dalla matita della coppia del manga Fujiko Fujio, è una polemica nata tra l’India e il Pakistan, dove politici e attivisti vogliono metterlo al bando: corrompe i bambini.
Esponenti dei due paesi hanno chiesto alle rispettive autorità di proibire la messa in onda del cartone animato in quanto incoraggerebbe i minori a comportarsi male. Alla faccia di Propp e della categoria fiabesca dell’”aiutante”, il problema del micione azzurro è proprio il suo ruolo di problem solver: invece di insegnare ai bambini che nella vita ogni conquista costa sudore, Doraemon può tirar fuori dalle sue tasche 4D di robot del XXII secolo aggeggi d’ogni tipo per aiutare il suo amico Nobita Nobi, che finisce così per farla franca in ogni situazione.
Per Malik Taimur, membro del partito di opposizione Pakistan-Tehreek-e-Insaaf, “il linguaggio utilizzato nel cartone animato sta distruggendo le nostre norme sociali”. Nel documento in cui si chiede la messa la bando del cartoon giapponese si critica anche il fatto che il programma sia doppiato in hindi e non in urdu per il pubblico pachistano: “I nostri bambini imparano inconsapevolmente parole in hindi che intaccano la purezza del linguaggio e distorcono le nostre credenze religiose”. Anche l'attivista indiano Ashish Chaturvedi vuole che Doraemon non vada in onda perché sarebbe un cattivo esempio. I piccoli spettatori avrebbero cominciato a rispondere male ai loro genitori e a rifiutarsi di fare i compiti, aspettandosi forse che un Doraemon di passaggio tirasse fuori dal marsupio una “porta per dovunque” o un "bamboocottero” per volarsene via.
Non è la prima volta che il manga viene messo all’indice. Già nel 2015 era stato al centro di una crisi diplomatica tra Cina e Giappone, durante una contesa sulle isole Senkaku, quando Pechino lo accusava di "istigare alla sovversione" i più giovani. Il personaggio, che nel 2008 è stato anche ambasciatore della cultura del Giappone, avrebbe offerto un'immagine "morbida e gentile" del paese del Sol levante, per distorcere la crudele realtà.