Quel “criminale di guerra” di Colombo
College, grandi città, piccole città, stati persino, che cambiano il nome della festa di Colombo. Ogni secondo lunedì di ottobre, molte aziende negli Stati Uniti rimangono chiuse per il Columbus Day. Ma le aziende in tutto lo stato dell’Alaska, tuttavia, ieri sono rimaste chiuse per “la giornata dei popoli indigeni”. Pure la città di Cambridge, Massachusetts, celebrerà questa giornata non in omaggio allo scopritore, ma alle sue “vittime”. Berkeley, in California, fu la prima università a muoversi in questa direzione, mentre Seattle celebra i popoli indigeni dal 2014, lo stesso anno in cui Minneapolis ha deciso di riconoscere la “Giornata dei popoli indigeni”.
Washington e California sono tra i ventidue stati che non riconoscono più il secondo lunedì del mese di ottobre come una vacanza pagata. Columbus, Ohio, non ha tenuto la sua parata a partire dagli anni Novanta. Ci fermiamo qui, per decenza. E’ la piaga antioccidentalista che imperversa nelle aule scolastiche, sui giornali, nei libri, e ora nelle festività. Colombo sarebbe un genocida indegno di essere celebrato. Come ha spiegato la confraternita The Order Sons of Italy in America in un saggio sull’argomento: “Colombo oggi è spesso dipinto come un mercante di schiavi, un razzista e addirittura come ‘l’Hitler del XV secolo’. Non importa che l’Inghilterra abbia dichiarato fuorilegge lo schiavismo solo nel 1833, gli Stati Uniti nel 1865 e il Brasile nel 1888. Non importa neanche che alcuni stati del medio oriente, dell’Asia e dell’Africa continuino a praticare la schiavitù. La causa di tutti i mali per loro è Colombo”. La causa di tutti i mali per loro è sempre l’occidente.