Due versioni di Trump
Per inchiodare Donald Trump alle sue sciocchezze basta interpretare le parole che dice in senso letterale. Con questo metodo, il rifiuto di dire esplicitamente sul palco di Las Vegas che accetterà il verdetto delle urne l’8 novembre diventa un implicito atto sovversivo. Gridare ai brogli elettorali è il secondo mestiere più antico del mondo, ma agitare la frode preventiva è un’altra fattispecie ancora. Trump non contesta un risultato, dice che il campo da gioco è in discesa per gli avversari e in salita per lui. Se il campo in questione è l’impersonale e venerata democrazia americana è normale che gli interpreti letterali ne siano scossi fin nel midollo civico. Le parole di Trump possono però essere interpretate anche in un senso, diciamo così, anagogico, che conduce il lettore o l’ascoltatore dal sensibile all’intelligibile, dalle circostanze storiche alle idee pure.
E’ così che gli ultrà leggono le sue parole. Sono già convinti che il sistema è “rigged”, è tarato contro il loro beniamino, e quando lui rilancia la questione dei brogli loro sentono accendersi un generale senso di ingiustizia. Un giorno lo spunto sono gli affari loschi della fondazione Clinton, un altro la teoria del complotto secondo cui stanno votando – scena gogoliana – anche i morti non ancora rimossi dalle liste dei democratici. Nell’avvicendarsi degli esempi cambia il senso letterale, non quello anagogico. Quando agita la frode elettorale, Trump parla in parte al suo popolo già galvanizzato, in parte a quelli che l’editorialista Kathleen Parker chiama i “dislikers”. I dislikers non coincidono con gli indecisi: odiano, con decisione, le alternative elettorali, sono attratti dall’astensione ma anche aperti alla possibilità di non sprecare il loro voto, e non necessariamente leggono le parole di Trump in modo letterale. Due terzi degli americani sono convinti che il paese sia su una pessima strada, cosa che potrebbe tradursi in un voto di discontinuità, e sono i dislikers di questa maggioranza quelli potenzialmente più sensibili all’argomento che l’intero sistema è truccato. A questi parla Trump, non ai costituzionalisti con il monocolo che rilevano il vulnus nell’interpretazione trumpiana dei documenti fondativi.