Battibecchi da Ue in decomposizione
Quando due primi ministri si prendono a male parole pubblicamente, per radio interposta, l’Unione europea farebbe bene ad allarmarsi, perché il punto di rottura oltre il quale la decomposizione non si può più fermare è molto vicino. “La politica italiana è un campo difficile, l’Italia ha anche problemi con i conti pubblici, in più è aggravata dall’arrivo di un sacco di migranti, quindi il premier italiano ha un buon motivo per essere nervoso”, ha detto il premier ungherese, Viktor Orbán, alla radio nazionale. “Noto una certa preoccupazione negli amici dei paesi dell’est, ma il tempo in cui l’Italia faceva il salvadanaio è finito”, ha risposto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervistato da Radio Radicale: o l’Ungheria si prende la sua quota di migranti previsti dall’Ue oppure l’Italia “metterà il veto su un bilancio che non contempla uguali oneri e onori”. Sulla sostanza, Renzi ha ragione. La solidarietà non può essere a senso unico in Europa e i maggiori beneficiari della politica di coesione oggi sono i paesi dell’est, che rifiutano di condividere i richiedenti asilo. Sulla forma, l’episodio mostra che migranti (cioè identità) ed economia (cioè portafoglio) hanno ormai liberato il genio del nazionalismo che sta condannando l’Ue a replicare la fine del Sacro romano impero germanico.
Rimettere il genio del nazionalismo della bottiglia sarà difficile, forse impossibile, nel momento in cui l’Ue si sta trasformando in una repubblica assembleare, dove la minoranza che urla di più si impone sulla maggioranza silenziosa. Nelle ultime due settimane, Orbán ha trovato degni emuli nei socialisti valloni che hanno preso in ostaggio il Ceta e il resto dell’Ue. I novelli Asterix, che nel loro villaggio di Namur hanno finto di combattere contro l’impero della globalizzazione, alla fine hanno accettato l’accordo commerciale tra l’Ue e il Canada esattamente com’era prima della loro ribellione. La sollevazione era dovuta a ragioni politiche belgo-belghe e non agli ideali sbandierati dal socialista Paul Magnette. Ma il danno è stato fatto. La credibilità dell’Ue si è azzerata. Il Ttip è morto, così come la prospettiva di lanciare negoziati commerciali seri con l’India. Il Ceta entrerà provvisoriamente in vigore, ma la sua sopravvivenza non è garantita visto che 38 parlamenti nazionali e regionali dovranno ratificarlo – e l’Olanda potrebbe passare per un referendum. Tutto ciò non ha niente a che fare con la democrazia, salvo ritenere che la democrazia contempli un diritto individuale di uscire da tutto ciò che è “comunità”. A forza di Brexit, di exit ungherese dalla relocation, di exit vallona dal Ceta, anche l’Italia rivendica la exit dalla generosità europeista. Tanto, continuando così, l’Ue ha sempre meno ragione di essere.
L'editoriale del direttore