Perché Tsipras non deve inguaiare la convalescenza dell'economia
Durante i sei anni di crisi greca, l’attenzione degli osservatori s’è concentrata sull’indebitamento del paese. Non è stato riservato pari riguardo all’economia reale e nemmeno alle condizioni necessarie per migliorare le opportunità di business nel paese governato da Alexis Tsipras dal 2015. Non dà fiducia, in questo senso, la privatizzazione di alcune frequenze televisive – una riforma considerata centrale dai creditori – che il Consiglio di Stato ha bloccato perché il processo è stato gestito dall’inner circle del premier bypassando l’autorità indipendente; un modus operandi clientelare, pare. Le motivazioni ufficiali arriveranno a giorni, intanto il governo dovrà restituire quanto già incassato. Tuttavia recenti notizie sono positive. Il reddito pro capite resta più alto di Turchia, Polonia e Russia.
Citigroup, che aveva creato l’acronimo “Grexit”, si è ricreduta a settembre dicendo che la situazione politica è meno turbolenta del 2015. Il rendimento dei titoli di stato decennali cala da inizio anno sebbene sia ancora alto, sopra l’8 per cento. La Borsa di Atene prosegue la convalescenza: a luglio c’è stata la prima quotazione dal 2009 di Eltech Anemos (rinnovabili). I rendimenti delle obbligazioni di alcune grandi aziende (Titan Cement, Ote, Motor Oil) sono inferiori a quelli dei bond sovrani – sono più solvibili dello stato. La produzione industriale è aumentata da aprile fino a luglio, quando ha registrato un aumento dell’output su base annua del 4,7 per cento in seguito a un più 7,9 di giugno, per poi scivolare dello 0,3 per cento in agosto. L’economia rialza la testa, ma è la testa della politica che andrebbe cambiata.
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