Senza il via libera del Parlamento britannico niente Brexit
L'Alta Corte britannica ha stabilito che sull'avvio o meno della procedura di uscita dalla Unione Europea dovrà esprimersi il Parlamento di Londra.
La decisione impone dunque al governo del premier Theresa May di attendere il via libera parlamentare prima di poter avvalersi dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona – "ogni Stato membro può decidere di recedere dall'Unione conformemente alle proprie norme costituzionali" –, che avvia il divorzio di un paese dall'Unione europea.
L'Alta Corte di Londra ha stabilito però che il governo deve ottenere l'autorizzazione del Parlamento prima di attivare l'articolo 50 del Trattato di Lisbona. E' una sentenza storica, con cui i giudici hanno dato ragione a un gruppo di cittadini - capitanati da Gina Miller, una donna d'affari, e Deir dos Santos, un parrucchiere che hanno voluto sapere se l'esecutivo potesse avviare il processo di divorzio dall'Ue senza chiedere il voto del Parlamento: i due - hanno spiegato - volevano una valutazione giuridica per "rispondere alla questione fondamentale sui poteri che possono essere usati dal premier e se si può aggirare il Parlamento".
La sentenza segna una sconfitta per il governo -che si è detto subito "deluso" - e, seppure in seconda battuta, anche per i suoi avvocati che durante il processo, svoltosi tra il 13 e il 18 ottobre, avevano sostenuto che il referendum del 23 giugno, in cui i britannici si espressero a favore dell'uscita dall'Ue con il 51,9 per cento dei voti, dava alla premier la legittimità per attuare unilateralmente la volontà del popolo (l'avvocato generale dello Stato, Jeremy Wright, aveva anche ventilato che "probabilmente" il Parlamento si potrà esprimere alla fine del processo di negoziato, per ratificare il nuovo accordo raggiunto con la Commissione Europea). "La Corte non accetta la tesi avanzata dal governo", che non riteneva utile il voto. E adesso la decisione potrebbe avere conseguenze pesanti sul processo di uscita del Regno Unito dall'Ue. Durante il recente congresso annuale del Partito Conservatore, May aveva annunciato la sua intenzione di attivare l'Articolo 50 prima della fine di marzo 2017, una tabella di marcia che ora dipenderà dalle decisione dei tribunali. La maggioranza dei deputati della Camera dei Comuni aveva fatto campagna perché il Regno Unito rimanesse dentro l'Ue; ora questa sentenza, se sarà ratificata in appello, potrebbe aprire la strada a un'uscita meno brusca o ritardare considerevolmente la Brexit.
Il governo britannico ricorrerà comunque in appello contro la sentenza dell'Alta corte che si esprimerà nuovamente all'inizio di dicembre. "Il governo è deluso dal giudizio - si legge in una dichiarazione dell'esecutivo di Theresa May - il paese ha votato per uscire dall'Unione europea in un referendum approvato da un atto del Parlamento. E il governo è determinato a rispettare il risultato del referendum".
La stragrande maggioranza dei deputati britannici aveva dichiarato prima del referendum di essere a favore della permanenza della Gran Bretagna nell'Unione Europea, ricorda la Press Association: dei 650 deputati ben 480 avevano dichiarato che avrebbero votato a favore del Remain al referendum del 23 giugno. Altri 159 deputati si erano schierati per il Leave. Infine undici non avevano espresso pubblicamente il loro parere. In totale, i deputati europeisti erano 310 più dei loro avversari.
Se si guarda ai partiti, fra i Tories in 184 si erano espressi per il Remain, 139 per il Leave e quattro non si erano schierati pubblicamente. Fra i laburisti in 218 erano sul fronte europeista e in undici in quello opposto. Tutti gli otto liberaldemocratici erano per il Remain, come i 56 nazionalisti scozzesi dell'Snp, i tre del partito di sinistra gallese Plaid Cymru, i quattro del Sinn Fein nord irlandese, i tre del partito social democratico nordirlandese Sdlp, la deputata verde, quella indipendente e i due del partito Unionista dell'Ulster. Infine erano per il Leave gli otto deputati dell'altro partito unionista nordirlandese (Dup) e naturalmente l'unico deputato del partito euroscettico Ukip.