La carta igienica del socialismo (testuale)
"L’escremento del diavolo”. Così il Wall Street Journal definisce un dato particolarmente incredibile e grottesco della spirale economica e sociale del Venezuela, passato da essere il paradiso dell’antiamericanismo all’inferno dell’iper mortalità infantile: la mancanza epidemica di carta igienica. E’ Raúl Gallegos, autore del libro “Crude nation”, a raccontarla. Una carenza che il governo del presidente Maduro ha spiegato come un segno positivo: “Vuol dire che la gente sta mangiando di più”. E fa più escrementi.
Secondo la tv di stato, anche la carenza di assorbenti è positiva, perché le donne che li fanno a casa aiutano il Venezuela “a evitare di diventare parte del capitalismo selvaggio”.
La Cnn ha appena raccontato la storia di Carmen Mendoza, una venezuelana andata a New York a visitare la figlia Anabella e ad acquistare carta igienica. A Caracas, la signora Mendoza ha vissuto senza per un mese, usando al suo posto i tovaglioli di carta. Oggi il Venezuela consuma il venti per cento in meno della carta igienica del 2002, sebbene la popolazione nel frattempo sia cresciuta di un quarto. La carta igienica è un vecchio problema socialista. Quando a una cartoleria di Varsavia arrivava una partita di carta igienica si costituivano immediatamente code di acquirenti. Stesse scene nella Cuba castrista. Il primo segno della liberalizzazione gorbacioviana furono bagni a pagamento con carta igienica e deodorante. E nella Germania dell’est si facevano battute sulla carta igienica ruvidissima, che i sudditi di Honecker avevano soprannominato la “vendetta di Stalin”, perché “così ogni culo diventa rosso”.