Le libere donne e Hillary
Le prime analisi sulla composizione del voto indicano, tra le ragioni della sconfitta di Hillary Clinton, il mancato apporto del voto delle donne. Soprattutto le bianche, soprattutto le non laureate, che hanno votato in gran numero per Donald Trump. E’ vero che le afroamericane hanno scelto per lo più Hillary, solo il 4 per cento Trump, ma, stante la loro bassa affluenza, il dato rileva poco. I sondaggi preelettorali davano per scontato che la maggior parte del voto femminile sarebbe stato democratico. Invece le donne conservatrici hanno votato come i loro mariti, mentre le democratiche solo in parte per Hillary: molte non si sentivano rappresentate. E questo è stato un grave errore di una campagna in cui Clinton ha insistito fin troppo sul mantra “votatemi perché sono donna”. E’ vero che il 54 per cento delle donne ha votato lei, contro il 42 di Trump. Ma nel 2012 Obama aveva avuto il 55 per cento dei voti femminili, e Romney il 44. Significa che il gap favorevole non è arrivato. Anzi, il “Clinton’s gender gap”, la differenza tra gli uomini e le donne che l’hanno votata, è di 13 punti percentuali, un record negativo.
Si dirà che le donne non la amano? Si sapeva. Si dirà che le donne americane sono così stupide o sottomesse da aver ceduto al “porco”? Addirittura che Hillary è una donna travestita da uomo (copyright Gramellini)? Fatta la tara a questi argomenti, c’è forse altro da notare. Per metterlo a fuoco occorre usare come lente Melania Trump, e la campagna di discredito femminil-femminista condotta per il suo essere ex modella, non colta, moglie di un simile maschio. Melania è una dei milioni di donne occidentali che non hanno problemi a sapere che la propria avvenenza – e insieme tutta la parte femminile del sé – non è un ostacolo da nascondere ma un valore, e un valore “di mercato” (absit qualsiasi iniuria verbis) sociale, professionale, nel rapporto con l’altra parte del mondo. Un tempo la predominanza sessuale era riservata al leader maschio, da Enrico VIII a Mao Tze Tung. Oggi il nascondimento della Regina Vittoria è fuori dalla storia. E’ uno dei poteri che il femminismo ha dato alle donne, lo hanno introiettato. Non hanno paura di competere col maschio e sanno che anche l’essere brutale di un Trump fa parte della commedia umana, un gioco di ruoli o di potere, accettato. La cosa imbestialisce le femministe, risulta forse orribile a certo elettorato religioso. Ma loro hanno votato Trump. Non ne hanno paura. Libere.