Uno scossone nella bolla dell'Ue
Schulz torna in Germania e da oggi Juncker si sente più fragile
L’uscita di Martin Schulz dopo cinque anni da presidente del Parlamento europeo di Strasburgo costituisce un sisma politico nella piccola bolla dell’Ue. Il presidente del Pe ieri ha abbandonato la campagna per farsi rieleggere per un terzo mandato di due anni e mezzo e ha deciso di tornare in Germania. L’occasione era troppo ghiotta: a Berlino, quando a febbraio Frank-Walter Steinmeier sarà eletto presidente della Repubblica, si libera il posto di ministro degli Esteri. Con Sigmar Gabriel, vicecancelliere e leader dell’Spd, che non entusiasma, Schulz potrebbe anche voler ambire al suo posto, per sfidare – rischiosamente – Angela Merkel alle elezioni del prossimo autunno. Ma più che un problema per la cancelliera, il rimpatrio di Schulz rappresenta un colpo per il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker.
A gennaio, quando il Pe sceglierà il suo successore, scatterà il grande rimpasto dei vertici comunitari. Il Ppe rivendica il posto di Schulz e il Pse potrebbe chiedere in cambio il presidente del Consiglio europeo (gli italiani dicono: il Ppe deve rinunciare a qualche ruolo). Ma il conservatore polacco Donald Tusk sta facendo bene, mentre Juncker è sempre più contestato dai paesi dell’est e dalla Germania stessa per la gestione della macchina comunitaria e le derive della sua Commissione “politica”. Dopo essersi legato a doppio filo a Schulz – nonostante appartengano a famiglie politiche diverse, i due si sono protetti a vicenda e hanno siglato piccoli accordi tra amici – Juncker ieri ha perso il suo più grande alleato. Per l’Ue in preda alle multi-crisi il suo pensionamento anticipato potrebbe addirittura essere l’occasione per un nuovo inizio.
L'editoriale dell'elefantino