L'Europa a lezione di demografia da Putin
Il presidente russo ha portato l’Italia come esempio negativo
Fernand Braudel, nella “Grammaire des civilisations”, considerava l’occidente comprensivo della vecchia Europa, poi l’America “figlia dell’Europa”, e infine la Russia, definita “l’altra Europa”. A lungo le prime due hanno guardato dall’alto in basso la terza sulla questione demografica. Tra il 1976 e il 1991, gli ultimi sedici anni del potere sovietico, e nei primi sedici post comunisti 1992-2007, c’è stata una simmetria sorprendente: nel primo periodo, le nascite hanno superato i decessi per 11,4 milioni; nel secondo, le morti hanno superato le nascite per 12,4 milioni. Poi è arrivato Vladimir Putin e ha invertito il ciclo, riportando il tasso di fertilità vicino a quello di sostituzione. Due giorni fa un presidente russo baldanzoso è andato alla Duma e ha portato l’Italia a esempio negativo del suicidio demografico europeo: “I nostri sforzi sono volti a sostenere i valori tradizionali della famiglia. Nel 2015, il tasso di fertilità totale sarà ancora più elevato in Russia, a 1,78”. In Europa occidentale soltanto Francia e Inghilterra fanno altrettanto. Che Putin faccia il gradasso non è una novità. Che ci prenda a esempio di “decadenza” invece sì.
Il tasso demografico russo ci parla dell’eccezionale solitudine della vecchia Europa, presa fra i due fuochi della figlia (americana) e dell’altra Europa che scrive in cirillico.