Democratici contro la libertà di parola
Per il ceo di Time Warner non è Trump la vera minaccia per i media
Le fake news e le loro conseguenze poco fake hanno oscurato l’indignazione dei giornali liberal per Donald Trump, almeno nella sua versione di distruttore della libertà di stampa. Dopo una campagna passata a denigrare i giornalisti mentitori, minacciando modifiche alle leggi sulla diffamazione, l’argomento è passato in cavalleria. Sarà anche per il clima di distrazione che l’intervista di Jeffrey Bewkes, amministratore delegato di Time Warner, con Henry Blodget è passata quasi inosservata. Il ceo del gruppo che controlla la Cnn ha esposto una teoria controintuitiva: Trump non è una minaccia per la libertà di stampa. Dopo la presa di posizione scioccante, ha rilanciato: se una minaccia per il Primo emendamento esiste, questa è rappresentata dal Partito democratico.
E le promesse di leggi sulla censura? “Non penso sia una cosa seria”, è il giudizio di Bewkes. “Ricordiamoci che il Partito democratico aveva nella piattaforma elettorale una modifica al Primo emendamento, travestita da modifica dei finanziamenti elettorali”, ha detto, alludendo all’emendamento per rovesciare la sentenza della Corte suprema che ha liberalizzato i finanziamenti delle campagne. A rigore di Costituzione, anche l’atto di sostenere economicamente un candidato rientra nella libertà di espressione. Già che c’era, Bewkes ha ammesso l’ovvio, cioè che la stampa tende a sinistra, e nel caso del rapporto tra finanziamenti e libertà di parola questa posizione ha creato un cortocircuito: con il pretesto di combattere la sinistra influenza dei soldi in politica, la stampa allineata ha finito per erodere la libertà cha a parole difende come un bene intoccabile.
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