Le immagini dell'ultimo discorso di Obama da presidente
Con il discorso di martedì sera a Chicago, Barack Obama chiude, non senza amarezza, la sua presidenza. La vittoria di Donald Trump è destinata a cambiare il percorso post Casa Bianca che Obama aveva immaginato per sé quando dava per scontato che sarebbe stata Hillary Clinton a succedergli. L'attività dell'ex presidente e della sua fondazione infatti sarà meno orientata del previsto a cause internazionali e umanitarie, e più concentrata nella missione di difendere la sua eredità e ricostruire il partito democratico dopo la sconfitta di novembre.
Certo Obama non si immagina in un prossimo futuro a "pronunciare discorsi infiammati e guidare marce, ma vuole giocare un ruolo nel dare forza e slancio alle prossime generazioni di leader politici", ha spiegato a Politico Jen Psaki, al fianco di Obama alla Casa Bianca come direttore della Comunicazione e prima ancora nelle campagne elettorali.
A dieci giorni dall'insediamento di Donald Trump come 45mo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama dà l'addio alla Casa Bianca da Chicago, la città da cui è iniziata la sua carriera politica. "Non mi fermerò: sarò con voi da privato cittadino". Così Obama saluta gli americani dalla sua città adottiva. Nel grande centro congressi McCormick, sono accorsi in 20.000, dopo ore al gelo per accaparrarsi i biglietti gratis o arrivando a pagare fino a 5.000 dollari per quelli rivenduti on line dai bagarini. "La nostra democrazia è minacciata quando la consideriamo garantita. Quando stiamo seduti a criticare chi è stato eletto, e non ci chiediamo che ruolo abbiamo avuto nel lasciarlo eleggere", è stato il monito del presidente uscente, ricordando che il titolo più importante, che tutti condividono, è quello di cittadino. "Se siete stanchi di discutere con degli estranei su internet, provate a incontrarne qualcuno in carne ed ossa. Candidatevi per un incarico pubblico. Mettetevi in gioco, scendete in campo", ha esortato Obama.
Con la voce a tratti rotta dall'emozione, Obama ha descritto la sua presidenza come caratterizzata da successi ed ostacoli, con la sensazione di aver spesso compiuto "un passo indietro ogni due passi fatti in avanti". Ma ha insistito sulla necessità di costruire ponti. "Yes we can, yes we did", (sì ce la possiamo fare, sì ce l'abbiamo fatta), è stato lo slogan, che riprende quello con cui vinse le storiche elezioni del 2008, con cui ha concluso il suo discorso tra gli applausi di migliaia di sostenitori.
Cosa c'è in gioco