Il tribunale di Seul respinge la richiesta d'arresto per il vicepresidente di Samsung
Lee Jae-Yng è accusato di corruzione nell'inchiesta che coinvolge il presidente sudcoreano Park Geun-Hye
Non verrà arrestato Lee Jae-Yng, vicepresidente ed erede dell'impero Samsung. Dopo averlo ascoltato per 4 ore i giudici del tribunale di Seul hanno infatti respinto la richiesta dei pm. Secondo diversi analisti il suo arresto avrebbe avuto un impatto negativo sull'azienda, primo produttore mondiale di smartphone il cui fatturato rappresenta un quinto del Pil della Corea del Sud.
Gli inquirenti volevano arrestarlo con l'accusa di sospetta corruzione in una vicenda collegata all'impeachment del presidente Park Geun-Hye. Lo scandalo è legato alla figura di Choi Soon-Sil, ribattezzata la "Rasputin" sudcoreana, sotto inchiesta per aver utilizzato la sua relazione e amicizia con con la Park per estorcere denaro alle grandi aziende sudcoreane che, per ottenere favori, avrebbero versato milioni di dollari a fondazioni private da lei create. Samsung in particolare avrebbe donato 17 milioni di dollari.
Lo scandalo ha riportato alla ribalta il problema di come funzionano i "chaebol", i grandi gruppi industriali sudcoreani, la cui guida passa di mano per via ereditaria e i cui capi in passato sono stati spesso al centro di diversi casi di corruzione o evasione fiscale. Ma che, quasi per consuetudine, venivano sempre graziati dai presidenti in carica.
L'editoriale dell'elefantino