Il contrappeso di Londra
Nell’asse May-Trump gli europei costretti a una “tendenza Theresa”
Prima di entrare in politica, la May era una commerciante?, ha chiesto un giornalista americano ad alcuni reporter britannici dopo aver ascoltato il premier inglese che parlava ai repubblicani a Philadelphia giovedì sera. No, è in politica da tantissimi anni e prima lavorava nella finanza, hanno risposto i giornalisti in visita ma “l’osservazione è accurata”, scrive Politico nei suoi Brexit Files, perché la May ha fatto di tutto nella sua trasferta transatlantica per piazzare bene il suo prodotto: la Brexit.
L’accoglienza è stata calorosa – a parte che il nome della May, Theresa, è stato scritto sbagliato nel comunicato ufficiale, manca l’h: poca cosa, direte voi, peccato che Teresa May senza l’h è una pornostar – e il presidente americano Trump s’è occupato direttamente della questione, non avendo ancora un ministro al Commercio, e ha assicurato al premier britannico una grande alleanza commerciale. La May ha utilizzato la sua visita anche per forgiare una nuova “special relationship” alla luce del “rinnovo americano” in corso, come l’ha definito.
“Sono finiti i giorni in cui il Regno Unito e l’America intervenivano in paesi sovrani tentando di rimodellare il mondo a loro immagine e somiglianza”, ha detto il premier, sancendo la fine definitiva (non che ce ne fosse bisogno) degli anni Blair-Clinton e Blair-Bush. Rievocando semmai l’alleanza Thatcher-Reagan, la May ha però detto che il deal con l’Iran non andrebbe annullato e che con la Russia bisogna sì dialogare e tentare di restaurare un nuovo rapporto, ma Trump deve anche “stare attento”, perché la liaison con Putin potrebbe essere più pericolosa di quel che crede. Chissà se davvero il Regno Unito con l’ansia da trattative commerciali potrà fare da contrappeso a Trump. Gli europei che pure sono infastiditi dal divorzio con Londra non possono che augurarselo.