Due Coree a rischio
Mentre il Nord manda messaggi a Trump, il Sud è pressoché sparito
L’ultimo test missilistico della Corea del nord, arrivato durante la cena di stato tra il primo ministro giapponese Shinzo Abe e il presidente americano Donald Trump, ha un doppio significato. Di sicuro, il leader Kim Jong-un ha voluto mandare un messaggio all’inquilino della Casa Bianca, che fino a ieri aveva tenuto – a parole, e sui social network – una linea molto dura nei confronti della Corea del nord. A quanto pare bisognerà ancora aspettare per vedere se questa linea si produrrà in un vero cambio di strategia nei confronti del regime di Pyongyang, un cambio di passo rispetto alla politica attendista dell’Amministrazione Obama. Trump potrebbe decidere per nuove sanzioni economiche, e sanzioni economiche secondarie che potrebbero colpire indirettamente le aziende cinesi che fanno affari con la Corea del nord. Ma c’è anche un altro dettaglio da mettere in luce. Durante la conferenza stampa congiunta tra Abe e Trump, il presidente americano ha detto: “Siamo al cento per cento al fianco del Giappone”. Ma c’è un altro paese che subisce le minacce nordcoreane e che è strategico nella soluzione del problema: è la Corea del sud. Il governo di Seul, dopo le imponenti proteste di piazza dell’ottobre scorso, è da mesi paralizzato da una crisi politica che ha portato alla messa sotto impeachment della presidente Park Geun-hye. Mentre la Corte costituzionale coreana decide sulla necessità o meno di andare a nuove elezioni, c’è chi inizia a pensare se ne valesse la pena: mentre il mondo fuori sta cambiando, la Corea del sud, troppo occupata a risolvere i problemi interni, rischia di perdere il suo posto al tavolo dei negoziati che riguardano i suoi cugini del Nord.
I conservatori inglesi