Lupi solitari, "leoncini" e Balcani: i servizi spiegano perché il Califfato può ancora colpire l'Italia
L'intelligence avverte che l'arretramento dello Stato islamico in medio oriente non corrisponde a una riduzione dei rischi per il nostro paese
Il 2017 potrebbe essere l'anno della sconfitta del Califfato, inteso come sistema di controllo e governo del territorio compreso tra Iraq e Siria, ma questo non ridimensionerà il rischio di attentati terroristici in Europa. I servizi italiani restano concentrati in particolare sul rischio di attivazione dei cosiddetti "lupi solitari", sui Balcani – diventati hub europeo di addestramento al jihad – e sulla differenziazione delle fonti di finanziamento del Califfato.
Il direttore generale del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica (Dis), Alessandro Pansa, ha presentato oggi a Palazzo Chigi la relazione sulle attività di antiterrorismo in Italia nel 2016, insieme al premier Paolo Gentiloni. "Il 2017 può essere l'anno della sconfitta militare di Daesh (lo Stato islamico, ndr) perlomeno della sua capacità di controllare il territorio", ha spiegato Gentiloni, "ma la minaccia jihadista nelle sue diverse versioni non sarà cancellata da una auspicabile vittoria sul terreno militare in Iraq e in Siria. Questo ci fa dire che di fronte a questa prospettiva non possiamo abbassare la guardia rispetto al contesto in cui operiamo". Vigilare sulle minacce non deve lasciare spazio alla paura, ha spiegato Gentiloni: "A queste minacce si risponde non nell'illusione di chiudersi, ma accettando la sfida. Più sicurezza non vuol dire meno libertà".
Il rapporto nota che, date le difficoltà sempre maggiori di raggiungere la Siria e l'Iraq per combattere, la tendenza di individui auto-radicalizzati è sempre più quella di restare nei rispettivi paesi europei per partecipare al jihad con attentati terroristici. Lo conferma il caso di Maria Giulia Sergio, meglio conosciuta come Fatima, prima foreign fighter italiana andata in Siria nel 2014. Proprio oggi sono uscite le motivazioni della sentenza che l'ha condannata in contumacia a 9 anni di carcere. Secondo i giudici, Fatima era "fortemente determinata a dare il proprio contributo all'attuazione delle azioni terroristiche, ed anzi era desiderosa di compierle in prima persona". Il suo "scopo" era "contribuire alla crescita ed al rafforzamento" dell'Isis "anche attraverso l'arruolamento" dei familiari che, se non fossero riusciti a raggiungerla, avrebbero dovuto fare "il jihad in Italia". Il rischio di un attacco imminente in Europa, difficile da prevenire, potrebbe durare a lungo anche perché in questi anni il Califfato ha educato al jihad anche la generazione di bambini, i militanti del futuro dello Stato islamico. Il report li definisce i "leoncini del Califfato". "Nel corso del 2016, in corrispondenza con gli arretramenti territoriali di Daesh, ha assunto maggior rilievo nella propaganda il ruolo dei bambini quale garanzia di continuità del progetto califfale e della prosecuzione del jihad per la conquista di 'Damasco, Baghdad, Gerusalemme, Mecca, Dabiq, di Roma e dell'Andalusia’", spiega il rapporto dei servizi segreti italiani. "Al di là delle strumentalizzazioni mediatiche, la costante esposizione dei minori a così elevati livelli di violenza, unita al forte condizionamento ideologico subìto nella fase di formazione, concorre a delineare una minaccia di lungo periodo".
Mentre lo Stato islamico perde terreno in medio oriente, l'hub europeo dei terroristi è nei Balcani. "Il quadrante balcanico ha continuato a rappresentare nel 2016 una sorta di hub per il reclutamento di foreign fighters e safe haven per combattenti di rientro dai teatri di crisi mediorientali", scrivono i responsabili dell'intelligence. Si tratta di "una diffusa rete di comunità musulmane radicali con forti legami con la diaspora all'estero, anche in Europa", che "ha agevolato l'opera di proselitismo e la partecipazione al conflitto siro-iracheno di numerosi individui di origine balcanica, nonché favorito lo sviluppo di network di supporto logistico, sfruttati da migliaia di combattenti in transito da paesi europei (Italia inclusa) per raggiungere i gruppi jihadisti in Siria e Iraq".
Infine, un altro elemento di preoccupazione è quello della difficile conciliazione del diritto essenziale alla libera circolazione nell'Unione europea con il controllo delle frontiere e la tracciabilità degli spostamenti degli individui sospetti tra un paese europeo e l'altro. "Come dimostrato dagli sviluppi d'indagine e dagli approfondimenti d'intelligence seguiti agli attacchi di Parigi e, altresì, a quelli di Bruxelles e Berlino - spiega la relazione dei servizi - la mobilità di estremisti tra il teatro siro-iracheno e l'Europa, nonché all'interno dello 'spazio Schengen' ha rappresentato e rappresenta un fattore di vulnerabilità per la nostra sicurezza anche in relazione all'utilizzo di documenti falsi, contraffatti o autentici". Il rapporto smentisce anche l'esistenza di una strategia del Califfato nello sfruttare la rotta mediterranea dei migranti per infiltrare terroristi nel nostro paese. Anche se "due dei responsabili degli attentati di Parigi del novembre 2015 abbiano raggiunto l’Europa sfruttando l’ondata di migranti che ha attraversato in quel periodo la dorsale balcanica", l'intelligence non ha rilevato una tendenza simile anche lungo la direttrice nordafricana.
Ma l'attenzione dei servizi resta concentrata sulla Libia, da dove salpano buona parte delle imbarcazioni cariche di migranti e dirette verso il nostro paese. "Daesh ha tentato di consolidare la propria posizione nel continente africano attraverso l'acquisizione di un ruolo di primo piano in Libia, sfruttandone la fragilità del contesto politico e l'assenza di un efficace dispositivo di controllo del territorio", spiega la relazione. Le criticità del paese "hanno reso possibile l'insediamento di una base strategica dell'organizzazione terroristica a Sirte e di cellule più o meno strutturate a Sabratha e Bengasi, in un generale contesto caratterizzato, a livello locale, da numerose realtà estremiste con proprie differenziate finalità", sottolineano i servizi di Intelligence, che evidenziano un intreccio preoccupante tra jihadisti e criminalità locale.