Il paradosso danese: le aziende cercano lavoratori qualificati, ma non ce ne sono
Un terzo delle imprese ad alto valore tecnologico ha problemi che rischiano di compromettere la crescita del paese. E sono costrette a rifiutare ordini e a rallentare la produzione. La lezione della Germania
La Danimarca ha un tasso di disoccupazione del 4,3 per cento. In Europa è uno dei paesi che si avvicina di più al mantra della “piena occupazione”, ma questo non l'avvicina al paradiso, anzi: la crescita rischia di impantanarsi perché mancano lavoratori specializzati nonostante le promesse di stipendi alti e le imprese sono costrette a rifiutare ordini, rallentare la produzione e posticipare i piani di espansione. Il New York Times scava nella singolarità danese raccontando un paradosso che poi tanto paradosso non è: per spingere in avanti l'economia, ci vogliono alte competenze e produttività, senza attaccarsi all'illusoria panacea di sovranità monetaria e stampante incandescente.
Peter Enevoldsen, proprietario della Sjorring Maskinfabrik, dopo aver posticipato più volte la consegna ha dovuto rinunciare a una commessa di oltre 500mila euro: gli mancavano i saldatori qualificati per produrre le parti dei trattori di precisione che gli avevano richiesto. “Abbiamo bisogno di più lavoratori qualificati, ma non riusciamo a trovarli”, spiega Enevoldsen, che insieme ad altre società ha aderito a una recente campagna pubblicitaria nazionale per attirare talenti, anche con la prospettiva di salari più alti della media con la conseguente riduzione dei margini di guadagno. “Se la carenza di manodopera continua, la crescita potrebbe risentirne”, teme l'imprenditore. Nel 2016 il pil è aumentato di un modesto 1,2 per cento, ma secondo gli economisti la mancanza di manodopera è rischio molto serio in seno alle previsioni macro.
Più di un terzo delle industrie ad alto valore tecnologico ha gli stessi problemi. Servono esperti di information technology, programmatori, ingegneri e meccanici, ma anche “semplici” elettricisti e carpentieri. I datori di lavoro si sono rivolti ai richiedenti asilo in Danimarca, ma solo pochi di loro hanno le competenze necessarie. Proprio per questo, scrive il Nyt, il governo ha adottato politiche per scoraggiare altri migranti a raggiungere il paese. Anche la Germania non è lontana dalla chimera della piena occupazione, ma ha imboccato una strada diversa: mancano ingegneri, infermieri e altri lavoratori specializzati, ma anziché alzare muri ha approntato programmi di formazione per i rifugiati. Integrazione sì, emarginazione no.