Donald e Angela
Il primo test tra artisti del negoziato va avanti tra frecciatine e imbarazzi
Angela Merkel è arrivata a Washington accompagnata da un titolo memorabile del quotidiano Politico: “Il leader del mondo libero incontra Donald Trump”. Il rovesciamento dei ruoli non dev’essere troppo dispiaciuto alla cancelliera, che è stata anche aiutata dagli agguerriti giornalisti tedeschi che hanno martellato Trump con domande sulle presunte intercettazioni alla Trump Tower mentre i colleghi americani lanciavano “softball” sulla riforma sanitaria. Se si aggiunge la strenua difesa della globalizzazione, della Nato, dell’Europa e del libero commercio, esce l’immagine del punto di riferimento della società aperta, baluardo stabile in un occidente dove sembra eccezionale che un Geert Wilders perda le elezioni.
Da vera artista del negoziato, Merkel ha studiato i discorsi del presidente americano per catturare elementi della personalità utili a normalizzare l’incontro alla Casa Bianca e la conferenza stampa rituale. Un lavoro improbo anche per chi è abituato a trattare con Vladimir Putin in russo. Il rapporto fra Merkel e Trump è in molti sensi un test: se non riesce a lei di far ragionare il presidente americano in una logica di interessi e rapporti diplomatici tradizionali, chi potrà? Non sono mancate le frizioni, a partire dalla stretta di mano evitata nello Studio ovale, e poi nella conferenza stampa. Il riferimento di Merkel alle virtù del piano Marshall evocava il taglio dei fondi agli stati stranieri proposto da Trump, così come l’idea che “l’immigrazione è una questione di sicurezza nazionale” era uno schiaffo alla politica tedesca. Immancabile il rimprovero di Trump per i contributi inadeguati della Germania al budget della Nato. Una cosa in comune? Che entrambi sono stati intercettati da Obama, ha detto Trump, a modo suo scherzando.