Il realismo soave di Merkel
Una battuta sulle piume del femminismo e niente “illusioni” sulla Brexit
In quest’ultima settimana Angela Merkel ha ritrovato la sua verve, che secondo i retroscena tedeschi era un po’ sbiadita, e sull’onda anche di sondaggi che danno il suo rivale alle elezioni di settembre, il socialdemocratico Martin Schulz, in affanno, ha inanellato due performance non male. Prima a fianco di Ivanka Trump, al vertice delle donne in cui la first daughter americana è stata malamente fischiata: la moderatrice ha chiesto alla cancelliera tedesca se si considerasse femminista, e c’è stato un boato dal pubblico, mentre la Merkel si guardava intorno stranita e di fianco a lei la Lagarde, direttrice del Fmi, si agitava, applaudiva, rideva, un po’ troppo scomposta e un po’ troppo abbronzata (persino) per i suoi standard. “Se pensate che io sia femminista – ha detto la Merkel – alzate la mano e ditelo, ma a me non piace adornarmi con queste piume”.
Disadorna e fierissima, giovedì la cancelliera è andata in Parlamento e ha parlato di Brexit, ribadendo quel che gli inglesi non vogliono sentirsi dire: siamo noi europei a guidare il negoziato. Sembra strano, ché della debolezza europea si scrive e si parla in modo quasi automatico, ma è vero, nel gioco dei rapporti di forza il continente parte avvantaggiato rispetto all’isola che chiede il divorzio. Merkel non vuole essere punitiva con il Regno Unito, non vuole che il negoziato si trasformi in una vendetta, ma allo stesso tempo non perde occasione di ripetere agli inglesi, e alla pragmatica premier May, di non credere troppo alle “illusioni” sulla Brexit. Se poi in Francia vincesse Macron, che alla cancelliera è sempre piaciuto, gli inglesi dovranno farsi conquistare ancora di più da questo soave realismo.