Brexit, un "goodbye" da cento miliardi di euro, dice Ft
Theresa May attacca: "L'Ue ci minaccia, vogliono influenzare le elezioni". Non è una punizione, "si tratta solo di saldare i conti", spiega Barnier, capo negoziatore della Commissione
L'Unione europea, secondo una stima del Financial Times basata sulle richieste di alcuni paesi membri, avrebbe corretto al rialzo la somma che intende chiedere al Regno Unito nel negoziato sulla Brexit per saldare i suoi conti. Il divorzio dall’Ue potrebbe costare a Londra cento miliardi di euro, sostiene il quotidiano britannico. I negoziatori della Commissione, sollecitati da diversi stati – in particolare Francia e Germania –, hanno rivisto al rialzo i loro calcoli iniziali di circa sessanta miliardi. L’incremento sarebbe dovuto ai fondi per agricoltura e spese amministrative per il 2019 e il 2020 e tiene conto anche della quota britannica a fronte delle garanzie e dei prestiti a Ucraina e Portogallo.
Per il Ft, il conto netto finale sarebbe di poco inferiore ai cento miliardi di euro, dato che anche il Regno Unito riceverebbe la quota di rimborsi nel corso degli anni, per cui la fattura si ridurrebbe a 55-75 miliardi. Il capo negoziatore della Commissione, Michel Barnier, ha ridimensionato le speculazioni della stampa e ha detto oggi che la "fattura" di Brexit, "non è una punizione, una tassa di uscita, si tratta solo di saldare i conti, né più né meno, conti che si riferiscono a denaro per il quale ci si è impegnati, per progetti di cui tutti beneficiano, compreso il Regno Unito".
Oggi il Parlamento britannico è stato ufficialmente sciolto ed ha avuto inizio la campagna elettorale. E Theresa May attacca leader e funzionari dell’Unione europea. Alcuni "burocrati di Bruxelles", ha detto la premier britannica parlando a Downing Street, hanno lanciato delle "minacce" al Regno Unito per far fallire il negoziato per la Brexit e influenzare il risultato delle elezioni dell'8 giugno.
Una precedente dichiarazione della premier del Regno Unito, che affermava di voler negoziare personalmente "con primi ministri, presidenti e cancellieri d''Europa", è stata contraddetta dall'Ue. Bruxelles ha ricordato a Downing Street che l'unico interlocutore con cui Londra potrà trattare sarà il capo negoziatore Barnier seguendo le linee guida concordate dai Ventisette sabato scorso. Nessuna novità, insomma: gli accordi transitori e le future relazioni tra Ue e Regno Unito saranno "definite nella seconda fase dei negoziati", successiva all'intesa sui punti fondamentali del recesso che riguardano in particolare i diritti dei residenti Ue nel Regno Unito e la "buonuscita" di Brexit.
L'accordo, dicono le linee guida decise dll'Ue, dovrà essere basato "su un equilibrio di diritti e obblighi e assicurare parità di condizioni, preservare l'integrità del mercato unico escludendo partecipazioni fondate su un approccio settore per settore". Inoltre, "un non membro della Ue, che non avrà gli stessi obblighi di un paese membro, non può avere gli stessi diritti e godere degli stessi vantaggi di un membro, la partecipazione al mercato unico implica l'accettazione di tutte le quattro libertà". In sostanza, è scritto nel documento legale per il negoziato, la trattativa sarà condotta "come un pacchetto unico". Niente "negoziati separati tra singoli stati membri e il Regno Unito". Infine, l'accordo "dovrà rispettare l'autonomia della Ue per quanto riguarda il processo di decisione e il ruolo della Corte di Giustizia" (sottrarsi alla Corte è uno degli elementi fondamentali del fronte pro Brexit).
“La data di entrata in vigore dell'accordo di recesso deve essere al più tardi il 30 marzo 2019 a meno che il Consiglio europeo in accordo con il Regno Unito decida all'unanimità di estendere tale periodo”, è scritto nella raccomandazione al Consiglio Ue preparata dalla Commissione. Da quel momento la Gran Bretagna "diventerà un paese terzo".
I conservatori inglesi