Cercasi un centrodestra che si metta in marcia
Inutile fare “i centristi”, Macron è un’altra cosa. Imparare e decidere
Tradurre En Marche! con Al Centro! più che un errore di traduzione rischia di essere un errore politico: per Emmanuel Macron non essere né di destra né di sinistra non significa affatto essere di centro, e questo dovrebbe essere ormai chiaro anche alle casalinghe di Voghera. Ma per il centrodestra italiano, l’area che un tempo fu l’accogliente Casa della Libertà, la forzatura linguistica è indispensabile e vale una scommessa politica. Un po’ alla disperata, ma necessaria. E, magari, con un po’ di vento di fortuna in poppa, a saper guidare la barca, potrebbe essere una scommessa riuscita. Il più lesto (perché è il più politico) è stato Renato Brunetta. Il teorico negli ultimi mesi più aggressivo contro l’Europa e più propenso a tener conto delle pulsioni sovraniste, ha subito detto: “La larga affermazione di Macron ai danni della Le Pen ci consegna un messaggio chiaro e incontrovertibile: si vince al centro, con l’estremismo non si arriva al governo”.
Il centrista per tutte le stagioni Pierferdinando Casini è già passato all’incasso: “Anche in Italia i centristi rialzino la schiena ed escano da questa sorta di subalternità alle forze populiste e sovraniste”. Silvio Berlusconi, più prudente, ha approfittato per spiegare a Salvini “che certe teorie non portano a convincere gli elettori e che quindi non vale la pena di perseguirle”. Tutti in marcia, tutti Al centro!, o quasi. A parte i sovranisti usciti malconci dal tifo sfegatato per Marine (e prima per Wilders), uno come Stefano Parisi ribadisce che alla tecnocrazia brussellese di Macron avrebbe preferito il programma più liberale di Fillon, compreso un rapporto un po’ meno stretto con l’Europa dei compiti a casa. Confondere la post politica di Macron – e la possibilità che forse sfrutterà di coinvolgere anche la sinistra in un’azione di grandi riforme – con il centrismo della tradizione italiana, che a lungo è stato ventre molle della spesa, dello statalismo, dell’inazione, di un forzoso volemose bene fatto per non decidere, sarebbe un errore letale per il centrodestra.
Invece cogliere il meglio della lezione francese per puntare dei robusti paletti sul lato della destra populista, oltre i quali non si può andare, e per dichiararsi da subito disponibili a politiche di riforme condivise, sarebbe una carta di intelligenza politica utile e lungimirante. Gli elettori, anche nel centrodestra, non vogliono più parole e ancor meno si fidano degli ululati populisti, questo è ormai chiaro. Vogliono, gli elettori di centrodestra, politiche adeguate a far crescere l’economia e a creare ricchezza. Vogliono meno tasse, e un’Europa che aiuti, che ci sia. Non c’è bisogno di scoprirsi tutti Macron, c’è bisogno di fare scelte e programmi.