Da dove ripartire per dare una nuova possibilità all'Europa
Dall'idea eurorazionalista di Società libera alla riscoperta del federalismo europeo di Spinelli. Un convegno
Si intitola “Unione europea daccapo. Una seconda possibilità per l’Europa” il convegno tenuto ieri dalla Società Libera alla Camera dei deputati sulla proposta “eurorazionalista” di Marco Patriarca. L'idea consiste nel promuovere un’uscita dall’Ue dei suoi stati-membri più importanti, per costituire un’unione parallela, più “leggera” e autenticamente federalista e per rilanciare il progetto di un’Europa liberale, “come lo era alle origini”.
“Col Trattato di Maastricht si è tradito lo spirito del Trattato di Roma – ha detto Patriarca – e col Trattato di Lisbona l’Europa ha scelto un’impostazione statalista alla Montesquieu, e la parola ‘federalismo’ è totalmente scomparsa dalla retorica europea”. Il punto, secondo Patriarca, è che il Trattato di Lisbona del 2007 è stato progettato male a monte e mancherebbe delle tre caratteristiche fondamentali per la sopravvivenza dell’Ue: la sovranità, la coesione e la democrazia.
Al convegno sono intervenuti anche altri intellettuali che hanno offerto il proprio punto di vista sulle prospettive dell’Unione. Lucio Caracciolo, il direttore della rivista di geopolitica Limes, ha sottolineato che “la differenza tra i dibattiti sull’Europa in Italia e quelli negli altri paesi europei è che nei secondi si parte sempre dal punto di vista nazionale. In Italia partiamo sempre dal punto di vista europeo”. L’europeismo italiano, in qualche modo più genuino rispetto a quello in altri paesi, secondo Caracciolo nasce dal fatto che “almeno fino a un po’ di tempo fa, si credeva che l’Europa fosse meglio dell’Italia e quindi si voleva farne parte a tutti i costi. Ora si sta lentamente scoprendo che non è così”. In Europa, perdipiù, dopo la fine della Guerra Fredda sarebbe venuto a mancare un soggetto federatore disposto a cedere risorse dal centro alla periferia per il bene dell’unità – “fino alla caduta del Muro di Berlino c’erano gli Stati Uniti a federare l’Europa”. Ora quel ruolo toccherebbe alla Germania, secondo Caracciolo, ma “per mancanza di una cultura strategica” Berlino, per ora, non ne vuole sapere.
Sergio Fabbrini, direttore della Luiss School of Government, ha sottolineato le diverse impostazioni d’integrazione europea proposte da Jean Monnet da un lato e da Altiero Spinelli dall’altro. L’italiano, per creare l’Unione, proponeva un assetto istituzionale e politico. Il francese, che alla fine ha prevalso, sosteneva invece che si dovesse partire dal mercato comune ché all’integrazione economica sarebbe seguita, più o meno spontaneamente, l’integrazione politica. Finché non saranno trasferite sovranità al centro, per Fabbrini, l’Ue non ha futuro. “Serve un eurobudget”, ha chiosato.
Tra i relatori c’era anche Pascal Salin, il celebre economista liberale francese che da anni invoca un modello europeo più concorrenziale, tanto sul lato fiscale quanto su quello giuridico, perché solo così, secondo lui, si potrà preservare la diversificazione e il rispetto dell’individuo tipici “dell’umanesimo cristiano occidentale che ha reso grande l’Europa nel mondo”. Sull’euro, come tanti altri economisti che prima dell’introduzione della moneta unica si erano mostrati scettici, ha detto che “ora che c’è, non è reversibile”.