Niente pane e niente rose in Venezuela
Oltre alla crisi sanitaria e alimentare, Maduro cancella anche la cultura
Ricordate quello slogan operaio, “Vogliamo il pane e le rose”? Si riferiva al fatto che esiste un diritto non soltanto ai beni materiali e legati alla bruta necessità, ma anche a quelli più impalpabili, come la bellezza, la grazia, l’arte: le rose della metafora appunto. Dal Venezuela in protesta permanente contro il governo di Nicolás Maduro arriva la notizia della sospensione del Rómulo Gallegos, uno dei premi di narrativa in lingua spagnola più prestigiosi del mondo, che viene conferito una volta ogni due anni. Già nel 2015 il ministero della Cultura venezuelano aveva avuto difficoltà a trovare i centomila dollari da dare al vincitore e quest’anno il compito è ancora più difficile.
Un premio letterario che dava lustro al Venezuela, certo, non è più importante del latte e del pane, che scarseggiano sui banchi dei supermercati per colpa dell’economia stritolata da scelte folli e da un’inflazione disastrosa. Eppure in entrambi i casi, il premio letterario e i viveri, la domanda è: come si è potuto ridurre così un paese che ha tutte le carte in regola per diventare una grande potenza petrolifera? La seconda domanda, in questo caso diretta ai fan a cinque stelle del regime venezuelano e alle loro amministrazioni cittadine sempre pronte a falciare quello che non capiscono, è: non vengono i brividi a vedere una nazione che si spoglia così della sua bellezza? Questa brutta storia venezuelana non dovrebbe essere un motivo per celebrare i nostri orpelli prestigiosi, le nostre iniziative di cultura e d’intelletto, e di godere del fatto che li abbiamo invece di disprezzarli?