Secessionisti, catalani. Antidemocratici
Per Guardiola Madrid è “autoritaria”, Doha “aperta”. L’intervento di Podemos
La Spagna è uno “stato autoritario”. Non l’ha detto, lunedì a Barcellona, un podemista arrabbiato o un indignado seduto sull’asfalto, ma Pep Guardiola, ex allenatore del Barcellona, oggi allenatore del Manchester City, uno degli uomini sportivi più titolati del decennio, ex giocatore della Nazionale spagnola – Nazionale per cui, all’apparenza, Guardiola si pente di aver giocato. Guardiola ha parlato domenica a un evento organizzato dai partiti indipendentisti catalani, che il prossimo 1° ottobre vorrebbero fare un referendum unilaterale per staccarsi dalla Spagna.
L’allenatore, catalano d’origine e da sempre vicino alla causa secessionista, ha presentato un “manifesto” indipendentista, ma si è lasciato trasportare: ha definito la Spagna autoritaria, ha detto che i catalani sono vittime di “persecuzione politica”, che Madrid ha un piano per “sequestrare” il diritto democratico al voto e per “distruggere” la sanità e la scuola catalane. Già è una follia tacciare di autoritario un paese che l’autoritarismo l’ha vissuto per davvero, e di recente, ma ancora di più lo è, come ha notato il quotidiano conservatore Abc, quando appena nel 2012, come ambasciatore per i prossimi Mondiali, lo stesso Guardiola definiva un paese “aperto” e quasi “occidentale” nientemeno che il Qatar, sulla cui patente democratica c’è molto da discutere. Il governo di Madrid dovrebbe prestare attenzione al modo in cui la questione dell’indipendentismo catalano rischia di trasformarsi in strumento di delegittimazione del processo democratico. Soltanto lunedì la corrente “Anticapitalista” di Podemos, i più estremi nell’estrema, ha annunciato che appoggerà il referendum per “accelerare il processo di disgregazione dello stato spagnolo” e “debilitare il regime del ’78” – il regime democratico, appunto.