L'assurda e illiberale estensione del concetto di islamofobia
I cittadini islamici hanno diritto alla sicurezza, non devono essere sottoposti ad alcuna forma di persecuzione, ma l’islam, in una società libera, può essere criticato e anche osteggiato
Anche in seguito all’odioso attacco terroristico ai fedeli di una moschea di Londra, si estende il dibattito sull’esigenza di reprimere, anche per legge, l’islamofobia. Bisogna però intendersi preliminarmente su che cosa si intende. Un esponente della comunità islamica londinese ha chiesto che l’islamofobia venga assimilata all’antisemitismo: l’antisemitismo però non ha una radice religiosa ma razziale (che peraltro comprende anche le popolazioni arabe, in grande maggioranza islamiche, anch’esse semite). Non esiste invece una legislazione antiebraica o anticristiana o antibuddista. Ovviamente vale per tutti, in Occidente, non per la verità nella maggior parte dei paesi a maggioranza islamica, il principio dell’eguaglianza di cittadini e del divieto di discriminazione per ragioni religiose. I cittadini islamici hanno diritto alla sicurezza, non devono essere sottoposti ad alcuna forma di persecuzione, ma l’islam, in una società libera, può essere criticato e anche osteggiato, come si possono osteggiare le altre religioni: questo fa parte del diritto di opinione. Criticare o osteggiare i principi religioso dell’ebraismo non è, giustamente, considerato antisemitismo. Egualmente la critica all’unico stato a maggioranza ebraica è largamente diffusa. Sarebbe assurdo vietare che anche i regimi islamici vengano combattuti perché questo implicherebbe una forma di “islamofobia”. Quel che è accaduto a Filippo Facci è una prova di quanto sia assurda e illiberale l’estensione del concetto di islamofobia all’espressione di opinioni e giudizi contrari all’islam.
Chi chiede all’Occidente democratico di combattere le discriminazioni dovrebbe considerare altrettanto inaccettabile la legislazione che in tanti paesi considera reato, in certi casi addirittura passibile di pena capitale, la “bestemmia” o l’apostasia dall’islam. Naturalmente non ha senso ragionare in termini reciprocità, la democrazia occidentale è tenuta a garantire i diritti della persona indipendentemente dalla fede religiosa e questo è un aspetto fondamentale della sua peculiarità, che va difesa con la massima energia contro ogni tentativo integralista e fazioso di travolgerla. Questo implica che si agisca con risolutezza contro chiunque punti a realizzare atti di discriminazione e tanto più di persecuzione contro cittadini islamici. Se per rafforzare questa azione repressiva di reati serve qualche precisazione anche sul terreno legislativo, non c’è ragione per apportare le correzioni eventualmente necessarie. Invece non c’è ragione, per timore dell’attivizzazione di fanatismi anti-islamici, di abolire i diritti di opinione e di espressione. Anche questo sarebbe un abbandono di uno dei caposaldi e dei valori di fondo della democrazia occidentale. Più in generale legiferare su questioni di principio sotto la spinta emozionale causata da atti violenti o terroristici è sempre sconsigliabile, senza contare che l’effetto sulla cittadinanza potrebbe essere controproducente. Se Londra ha eletto un sindaco islamico vuol dire che la sua popolazione non è certo in preda di uno spirito discriminatorio, che quindi non va considerato un fenomeno talmente diffuso da richiedere una legislazione eccezionale in violazione dei diritti di libertà. Lo stesso, cioè l’esigenza di non derogare da questi principi, vale, naturalmente, per le misure eccezionali minacciate da Theresa May per contrastare il terrorismo islamista.