In vigore il travel ban di Donald Trump. Ecco cosa cambia
Dopo il via libero della Corte Suprema degli Stati Uniti il provvedimento sarà in vigore per 90 giorni, ad ottobre la sentenza definitiva
Ieri sera è entrato in vigore negli Stati Uniti il nuovo travel ban approvato dalla Corte Suprema: i rifugiati (per i prossimi 120 giorni) e i cittadini che provengono da sei paesi a maggioranza a musulmana (Iran, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen) non potranno entrare nel paese, per i prossimi 90 giorni, a meno che non rispondano a determinate condizioni. Lunedì scorso la Corte degli Stati Uniti ha dato il via libera al ban che però è temporaneo dato che la sentenza definitiva arriverà solo in ottobre. I giudici hanno inserito un'eccezione importante rispetto al testo originale presentato dal governo: oltre a coloro che viaggiano negli Stati Uniti per affari o per studiare, potranno fare ingresso nel paese tutti coloro che possono dimostrare (con documenti) l'esistenza di una relazione di parentela con qualche residente americano. Si far riferimento a chi ha una sposa o uno sposo, un genitore, un figlio, un fratello o un fratellastro negli Stati Uniti. Con una modifica dell'ultimo minuto, Trump ha aggiunto anche coloro che hanno un fidanzato residente nel paese. Il testo ha però alcune contraddizioni: per esempio, nonni, nipoti e zii non sono inclusi nel testo di legge.
I dubbi sui criteri di applicazione non sono pochi e nel momento in cui è ufficialmente scattata l'entrata in vigore del travel ban, alle 20 di ieri sera (ora americana), il procuratore generale dello stato delle Hawaii ha presentato una richiesta di chiarimenti a un giudice federale. Le perplessità maggiore, nel caso delle Hawaii, riguardano proprio il legame di parentela degli immigrati. Il paradosso sarebbe che il criterio sia tanto severo da impedire involontariamente che residenti dello stato delle Hawaii possano viaggiare negli Stati Uniti. Ma secondo un funzionario del dipartimento della Sicurezza nazionale sentito dalla Bbc, "gli americani sono ben preparati" all'entrata in vigore del ban e sia nei porti sia negli aeroporti non ci si attendono problemi particolari.
Secondo la Casa Bianca il ban si è reso necessario dopo i tanti attentati terroristici che si sono susseguiti in Europa negli ultimi mesi. Lo scopo, quindi, è quello di proteggere il paese dalla minaccia terroristica. Il procuratore generale degli Stati Uniti, Jeff Sessions, ha detto che "la minaccia la nostro paese è reale e diventa sempre più pericolosa". La prima volta che la Casa Bianca ha presentato il provvedimento, lo scorso 27 gennaio, ci sono state molte proteste. David Miliband, presidente dell'International Rescue Committee (IRC), ha detto che "la decisione della corte minaccia di danneggiare le persone già vulnerabili che provano a entrare negli Stati uniti: coloro che hanno condizioni di salute gravi e persone innocenti". Eppure, secondo Omar Jadwat, direttore dell'American Civil Liberties Union Immigrants Rights Project, ha ammesso che "in termini pratici gran parte delle presone che saranno interessate dal ban resteranno in condizione di entrare nel paese".