Isteria catalana
Tra Madrid e Barcellona i toni da fine di mondo favoriscono i secessionisti
L’ennesima sfida degli indipendentisti catalani non dovrebbe cogliere di sorpresa Madrid. La regione spagnola è attraversata da più di un decennio da tremori secessionisti, più di una volta ha tentato di indire referendum e grandi atti indipendentisti, e finora Madrid ha sempre saputo parare tutti i colpi mostrando sangue freddo e la capacità di offrire ai catalani un’alternativa migliore all’indipendenza. L’ultimo progetto dei partiti indipendentisti di Barcellona, tuttavia, sta suscitando nel resto del paese reazioni isteriche poco consigliabili. Il governatore catalano Carles Puigdemont e i partiti indipendentisti che lo sostengono, dopo aver annunciato un nuovo referendum sull’indipendenza per il prossimo primo ottobre, martedì hanno presentato a Barcellona il testo della “ley suprema” che vorrebbe obliterare la legislazione dello stato centrale e istituire un nuovo ordine giuridico “catalano” dopo il referendum. Gli indipendentisti, inoltre, hanno detto che in caso di vittoria del Sì il primo ottobre ci sarà la secessione “in due giorni”, anche se i votanti saranno meno del 50 per cento della popolazione. Il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, ha risposto alla sfida con parole poco controllate: “I deliri autoritari non avranno mai la meglio” sullo stato democratico. E mentre il Tribunale costituzionale spagnolo toglieva alla Catalogna i fondi per celebrare il referendum, un sondaggio del Confidencial rivelava che il 40 per cento degli spagnoli è favorevole alla sospensione dell’autonomia della Catalogna se si terrà un referendum. E’ lo stesso atteggiamento vendicativo che parte degli europei ha tenuto durante la campagna sulla Brexit, e non ha portato bene.