Macron e il generale
Tagli alla Difesa in Francia. Si dimette il capo di stato maggiore de Villers. Un piccolo scontro che ci dice (almeno) due cose
[Articolo è aggiornato a mercoledì 19 luglio 2016, alle 10:00]
Si è dimesso il capo di stato maggiore francese, il generale Pierre de Villers, dopo uno scontro con il presidente Emmanuel Macron sui tagli al bilancio per l’esercito. Strigliato due volte pubblicamente dal capo di stato, De Villers, 61 anni, ha diffuso una nota in cui dice di non ritenersi più in grado di dirigere l’esercito “nelle condizioni attuali”.
Lo scontro è stato plateale e ancora adesso che i giorni sono passati e i resoconti sulla “serenità” ritrovata si moltiplicano (è un termine che dalle nostre parti non suona così rassicurante, va detto), si continua a ripetere: mai vista una cosa così. Il presidente francese Macron con il suo fare schietto e brutale (molti esperti di politica francese dicono: più spietato di Mitterrand, segnatevelo) è andato dal capo di stato maggiore, alla vigilia della parata del 14 luglio, e gli ha detto davanti a tutti: ci sono delle forme da rispettare, nemmeno lei generale è esentato. Il capo di stato maggiore ha annuito, i giornali hanno titolato sull’umiliazione, il giorno successivo – questo 14 luglio senza precedenti, con pure Trump invitato – si è presentato alla parata di fianco al suo presidente, silenzioso e adeguato, e non ha più detto nulla. Macron invece ha insistito: tra il presidente e il capo di stato maggiore, se ci sono degli screzi, se ne va il capo di stato maggiore. A chi pensa che Macron sia troppo giovane e inesperto per interpretare il ruolo che gli spetta il messaggio è arrivato chiaro: altro che inesperienza, qui si è pronti da sempre.
Alla base dello scontro verbale tra Macron e il generale Pierre de Villiers c’è una questione sostanziale che ha a che fare con l’approccio complessivo del presidente al suo mandato: il budget. Quando sono stati annunciati i tagli alla Difesa – 850 milioni di euro – il generale, in commissione Difesa all’Assemblea nazionale, si è fatto scappare un commento impertinente, non mi faccio abbindolare dal presidente, più o meno, ed è per questo che poi Macron ha deciso di fare la reprimenda pubblica. Macron aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe continuato a destinare il 2 per cento del pil alla Difesa – e questo è ancora oggi garantito – ma aveva lasciato intendere che ci sarebbe stato un investimento nell’apparato militare francese, dal momento che la sicurezza è una delle priorità dell’Eliseo. I tagli non erano attesi, insomma, e in un momento in cui anche l’Europa cerca di unirsi in uno sforzo collettivo di difesa sempre nell’ottica merkelian-macroniana di cavarsela da soli per arginare l’effetto dell’isolazionismo americano, la sorpresa è stata grande. In realtà i tagli riguardano anche altri ambiti, Macron aveva annunciato la necessità di un’efficienza, ma si pensava che il primo scontro sarebbe arrivato sui temi sociali, non certo sull’esercito. La querelle sancisce la fine della luna di miele macroniana.
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