Macron smentisce l'ipotesi di hotspot in Libia
In un "colloquio cordiale" tra l'Eliseo e Gentiloni, la Francia ha detto che l'ipotesi potrebbe diventare attuale solo quando la sicurezza del paese nordafricano verrà pienamente garantita
Il presidente francese Emmanuel Macron giovedì mattina aveva detto che “la Francia creerà da quest’estate degli hotspot in Libia”, dei centri per l'esame delle domande di asilo dei migranti. L’inquilino dell’Eliseo ha parlato a margine di una visita a Orleans, dove ha incontrato famiglie di rifugiati nel centro provvisorio di accoglienza. Ma in un "colloquio cordiale" tra Macron e il premier italiano Paolo Gentiloni sulla Libia, i migranti e la vicenda di Stx, la Francia ha poi smentito questa ipotesi, dicono fonti dell'Eliseo interpellate dall'Ansa a Parigi. Un'ipotesi che potrebbe diventare attuale solo quando la sicurezza del paese nordafricano verrà pienamente garantita.
L'idea era quella di istituire centri in Libia “in modo da evitare che la gente si prenda dei rischi folli, quando non tutti hanno le caratteristiche per ottenere l'asilo", aveva detto Macron. Gli hotspot, ha aggiunto il presidente, saranno allestiti "in tempi brevissimi. Conto di farlo già da quest’estate, con o senza l’aiuto dell’Europa. Andremo noi a prendere” chi ha diritto alla protezione internazionale, ha spiegato Macron, che sostiene l’obiettivo sia quello di “trattare le domande sul luogo di partenza dei migranti invece di lasciare che attraversino il Mediterraneo a rischio della vita”. Macron ha poi proseguito: “Voglio inviare missioni dell'Ofpra (l'ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi) negli hotspot italiani e sono pronto a inviarli in Libia”, evocando anche la possibilità di crearne in Niger.
La France démontre qu'elle n'est pas une communauté de sang mais une communauté de valeurs. https://t.co/nB32KYtt8u
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) 27 luglio 2017
Le reazioni all'annuncio di Macron
Nell’ultima settimana l'Italia ha lanciato una richiesta di aiuto ai suoi vicini europei e per la prima volta ha minacciato di chiudere i porti alle navi straniere che accompagnano migranti, per farli sbarcare in altri porti europei. La creazione di hotspot in paesi instabili come la Libia divide l'Unione europea. Ma a febbraio, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha annunciato che è giunto “il momento di chiudere la rotta dalla Libia verso l'Italia”. I Ventotto attualmente cercano di rafforzare il pattugliamento delle acque della Libia, formando e finanziando la guardia costiera libica.
I centri sul territorio africano dovrebbero essere attivati in un secondo momento. "Noi abbiamo la nostra agenda, che ci impegna sul piano dell'accoglienza, sulla discussione con le ong di una serie di regole, sul favorire la riconciliazione delle forze” libiche, ha risposto Gentiloni, che si riferisce alle attività gestite nel paese nordafricano dall'Oim e dall'Unhcr. “Se poi c'è l'impegno di tutti i paesi Ue", ha chiarito Gentiloni "tutte le iniziative sono benvenute ma deve essere chiaro che i passi sono questi, le misure sono queste ed i problemi di stabilizzazione non si risolvono in modo diverso".
"I campi per migranti devono essere gestiti da organizzazioni internazionali come l'Unhcr", ha puntualizzato il ministro degli Esteri Angelino Alfano. "Non è un soggetto da trattare su linee improvvisate".
L’Oim ad aprile ha avviato un Piano d’azione triennale da 180 milioni di dollari dedicato alla Libia con due obiettivi principali: "fornire assistenza umanitaria di base e protezione agli sfollati e ai migranti in Libia" e "aiutare le comunità libiche nel processo di stabilizzazione e rafforzare le capacità di gestione del fenomeno migratorio".
"La sfida contro l'immigrazione illegale si risolve con scelte europee. L'Europa deve parlare con una voce sola”, ha aggiunto anche il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. “Iniziative unilaterali possono essere anche iniziative di buona volontà ma non sono utili alla soluzione del problema. Anche la Libia ha bisogno di un unico interlocutore. Dobbiamo parlare con una voce sola, la voce dell'Europa e non quella dei singoli paesi”.
Un'altra precisazione è arrivata da Nathalie Loiseau, ministra francese per gli Affari europei, che parlando a Roma ha dichiarato: la Francia verificherà "se" e "come" creare hotspot in Libia e in Niger, in collaborazione con l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) e con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).
La riunione di Parigi e l’incontro a Palazzo Chigi
Macron ha ricordato oggi che "in Libia nei campi, in capannoni, in condizioni neanche minime di umanità, ci sono tra le 800 mila e il milione di persone". E ha ripetuto la necessità di "stabilizzare la Libia". Macron ha fatto della risoluzione del dossier libico una delle sue priorità. Il paese è al centro del traffico di immigrati clandestini, sin dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nell'agosto 2011. Lunedì il presidente francese ha patrocinato l’incontro a Parigi tra i leader delle due principali fazioni nella guerra civile in Libia: il primo ministro Fayez al Serraj e il generale Khalifa Haftar, capo dell’esercito nazionale. La riunione ha stabilito un cessate il fuoco e l'organizzazione di elezioni. Ma già i due leader libici sono tornati a litigare a mezzo stampa. Haftar in una intervista a France 24 ha accusato infatti al Serraj di non "avere alcuna autorità a Tripoli" e di essere un "cialtrone".
Ieri a Roma il premier libico ha avanzato ufficialmente al presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, la richiesta di avere navi italiane in acque libiche per contrastare gli scafisti. Una richiesta che "è attualmente all'esame del nostro ministero della Difesa”, ha spiegato Gentiloni e che se sarà accolta "come credo necessario, può rappresentare un punto di novità molto rilevante per il contrasto al traffico di esseri umani”.
Gli hotspot e la crisi migratoria
Di hotspot ne sono già stati creati diversi in Grecia e in Italia, nel tentativo di incanalare le centinaia di migliaia di migranti sbarcati sulle coste europee al culmine della crisi migratoria del 2015, ma sarebbe la prima volta che ne vengono aperti in Libia. Con la chiusura della rotta dei Balcani, dopo un accordo con la Turchia, il Mediterraneo centrale è diventata la principale via di accesso per i migranti dell’Africa sub-sahariana che tentano di raggiungere le coste europee. Più di 100.000 persone hanno intrapreso il rischioso viaggio via mare dal gennaio 2017, secondo le dichiarazioni dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni.