“Lo scopo della democrazia? Tenere i governi sotto controllo”, dice il prof. Cassese
Le frizioni tra Unione europea e Polonia ripropongono il tema del rapporto tra democrazia e libertà
Professor Cassese, il braccio di ferro tra Italia e Francia ha oscurato un tema di politica internazionale più importante, quello dei rapporti tra Unione europea e Polonia. Vogliamo parlarne?
Certamente. Esempio splendido di espansione orizzontale della democrazia, per il rispetto della “Rule of law”, il grande sogno di tutti coloro che hanno disegnato la comunità internazionale dopo la Prima guerra mondiale.
Professore, “espansione internazionale della democrazia”, “rule of law”? Non sia criptico. Lei non sta parlando per i suoi 25 consueti lettori, ma per le migliaia di lettori di un quotidiano.
Allora si armi di pazienza. Procediamo in ordine, partendo dai fatti. Lo Stato polacco ha in cantiere quattro leggi, tutte relative ai giudici. Una è stata già pubblicata e riguarda in particolare i presidenti delle corti. Un’altra, già in vigore, riguarda la Scuola nazionale della magistratura. Le ultime due il Consiglio nazionale della magistratura e la Corte di cassazione. Questi tentativi di limitare l’indipendenza dei giudici hanno suscitato proteste popolari. Il presidente Andrzej Duda ha rinviato le ultime due leggi osservando che i cambiamenti debbono essere operati senza fratture tra la società e lo stato. E’ stato rimbrottato per questo da Jaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e giustizia (paradossi delle denominazioni dei movimenti politici!). Il presidente Duda ha però firmato la legge sui presidenti delle corti.
Come entra in ballo l’Unione europea in una vicenda che appare esclusivamente nazionale?
La Commissione europea ha iniziato, il giorno dopo la pubblicazione della legge, una procedura di infrazione del diritto europeo, a carico della Polonia.
I motivi – dice Cassese – sono tre. La legge prevede che le magistrate vadano in pensione a 60 anni, i magistrati a 65: violazione del principio di eguaglianza di genere (art. 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione e di una direttiva europea del 2006). Secondo motivo: la legge consente al ministro della Giustizia di prolungare la durata in carica di singoli magistrati…
Come si è fatto recentemente in Italia …
No. In Italia si è proceduto per legge, “una tantum” e con indicazione precisa dei titolari di cariche.
Il terzo motivo?
Il potere di nomina e dismissione dei presidenti delle Corti da parte del governo, perché contrario all’art. 19 del trattato sull’Unione europea e all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.
Come si difende la Polonia?
Il governo polacco ha un mese per rispondere. Gli argomenti adoperati finora sono tre, su piani diversi. Il primo: i presidenti delle Corti hanno prevalenti compiti amministrativi, non giudiziari. Secondo: l’organizzazione del sistema giudiziario è compito degli stati membri, non dell’Unione. Terzo: la Polonia è stato sovrano.
Chi dà questo potere di accusa alla Commissione europea?
La Commissione deve far rispettare alcuni valori comuni a tutte le tradizioni costituzionali europee. Abbia la pazienza di seguirmi nella lettura di alcuni passaggi dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea, che regola questa procedura: “Su proposta motivata di un terzo degli stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno stato membro dei valori di cui all’articolo. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura”.
Basta, basta, altrimenti i lettori protestano.
Sì, fermiamoci qui, perché siamo alla fase preliminare e quel che segue riguarda la fase successiva. Le ricordo che la Polonia non è nuova a questa esperienza. Con Ungheria e Repubblica Ceca è stata già oggetto di analoga procedura di infrazione per non aver applicato la decisione europea sulla ricollocazione dei rifugiati. Le ricordo anche che la Polonia è la principale beneficiaria dei fondi europei e che non a caso l’Ungheria si è subito schierata in questa ultima procedura di infrazione a fianco della Polonia.
Torniamo a quelle sue esoteriche frasi iniziali: “Rule of law”? Perché non usare parole italiane?
Perché l’espressione è intraducibile. Risale all’antico diritto inglese, passando poi nella Costituzione americana con altra veste, “due process of law”. Fu ricostruita da un grande costituzionalista inglese nel 1885 come principio secondo il quale il diritto è eguale per tutti, per cui non vi sono diritti speciali, come il diritto amministrativo. Si è caricata nel passaggio dei decenni di una serie di significati che contrastano con l’apparente neutralità dell’espressione (fu tradotta nei primi anni del ’900 in francese come “règne de la loi”). Ora racchiude protezione dei diritti fondamentali, diritto a un giudice, eguaglianza.
E l’espansione orizzontale della democrazia?
Questa dovrebbe essere chiara, a questo punto. I governi, in principio, rispondono ai popoli che rappresentano, rendono conto ad essi. Qui c’è invece un governo che deve render conto a un governo sovranazionale (e indirettamente agli altri ventisette governi che fanno parte dell’Unione). La democrazia si arricchisce di un altro significato. La sovranità diminuisce, ma aumentano i controlli sui governi. E la funzione della democrazia è proprio questa: di tenere i governi sotto controllo. Il controllo del popolo (mediante ripetute elezioni) è verticale. Quello di altri governi (e indirettamente, di altri popoli) è orizzontale. Ma sia chiaro che uso “verticale” e “orizzontale” in senso metaforico, per farmi intendere.
Rimane un ultimo punto oscuro: come si congiungono democrazia e libertà.
Bravo! Questo è il secondo punto interessante. Libertà e democrazia fanno parte di tradizioni intellettuali e storiche interamente diverse. La prima nata in anni precedenti alla seconda. La prima ispirata dalla nascente borghesia, la seconda dallo sviluppo delle classi meno agiate (come si diceva una volta). Gli strumenti delle libertà (garanzie costituzionali, accesso alla giustizia) sono diversi da quelli della democrazia (principalmente elezioni, poi anche trasparenza, partecipazione). Queste due tradizioni si legano nel nostro tempo in maniera indissolubile, ed è questo il motivo per il quale l’Unione europea può far valere un diritto che attiene alle libertà dei polacchi con argomenti che riguardano la democrazia degli europei, lo sguardo di altri popoli su quel che succede ai diritti del popolo polacco (l’“horizontal accountability”: non mi vorrà male se ricorro ancora alla lingua inglese?).
Non ci sarà chi ricorderà il diritto dei popoli all’autodeterminazione e il principio di sovranità nazionale?
Certamente. Ma noi abbiamo deciso di far parte di molti “condomini”, tra i quali quello principale è l’Unione europea. Questi hanno valori comuni, che appartengono alle tradizioni nazionali. Come componenti di questi “condomini”, dobbiamo rispettare alcuni valori condivisi, che ci siamo impegnati a non violare, firmando il patto “condominiale”. Uno di questi valori o princìpi è quello della democrazia liberale, per cui democrazie illiberali, come quella che Orbán sta programmaticamente cercando di realizzare in Ungheria, violano i patti comuni e meritano reprimende e sanzioni dell’Unione.
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