Ora anche per Trudeau i migranti non sono più così "benvenuti"
Migliaia di disperati si sono fidati degli slogan sull'accoglienza sbandierati dal primo ministro del Canada. E così crescono gli sconfinamenti illegali. "Anche noi abbiamo delle regole", dice ora il governo
Gli effetti di una politica di accoglienza dei migranti, urlata a forza di slogan ma non sostenuta da piani organici di accoglienza, arriva dal Canada di Justin Trudeau. Mercoledì un membro dell'opposizione, la conservatrice Michelle Rempel, che è il ministro ombra alle politiche per l'immigrazione, ha accusato il primo ministro di "dare false speranze alle persone che attraversano il confine" tra Stati Uniti e Canada. "A tutti coloro che fuggono dalle persecuzioni, dal terrore e dalla guerra, i canadesi daranno il benvenuto", è la formula ripetuta da mesi da Trudeau. L'invito del premier è stato rivolto la prima volta a gennaio, all'indomani dell'elezione del presidente americano Donald Trump, che da tempo insiste sulla necessità di approvare una legge più rigida sull'immigrazione. Ma i timori dei migranti che vivevano degli Stati Uniti e le promesse che arrivavano dal Canada su una presunta "porta aperta" garantita ai perseguitati hanno creato un disastro.
Quest'anno, dice la Bbc, oltre 11.300 persone hanno attraversato illegalmente il confine tra America e Canada, più di 3.600 solo ad agosto. Il risultato è che il sistema di accoglienza al confine è imploso. Guardando ai numeri, il Canada di fatto non è in grado di offrire quel rifugio sbandierato da Trudeau. Le fasi di riconoscimento dei migranti e quella successiva dell'individuazione di campi di accoglienza per i nuovi arrivati mettono da tempo a dura prova il sistema logistico e burocratico canadese. L'iter per l'approvazione dello status di rifugiato, ha sottolineato Rempel, ha sempre impiegato mediamente 11 anni, un tempo infinito che nemmeno la politica degli annunci di Trudeau è riuscito ad accorciare. Oggi lo stadio della città olimpica di Montreal, in Quebec, ospita centinaia di migranti, accampati alla buona. Un caso critico come quello del vicino Ontario. E i prossimi mesi potrebbero essere ancora più difficili. La situazione più grave è quella che riguarda i cittadini originari di Haiti: quelli arrivati negli Stati Uniti dopo il terremoto del 2010 sono oggi 60 mila e il loro status di protezione temporanea scadrà a gennaio del prossimo anno. Il Canada targato "benvenuti" nel 2016 ha rifiutato il 50 per cento delle richieste d'asilo presentate dagli haitiani. Se Trump non dovesse rinnovargli lo status protetto, il Canada potrebbe essere interessato da un'ondata insostenibile.
Trudeau se ne è accorto, e ieri ha avuto una riunione su come affrontare il flusso degli immigrati clandestini Questa settimana, il primo ministro ha cambiato rotta per ricordare a chi vuole entrare in Canada che, in realtà, le cose non sono così semplici. "La nostra è una società aperta e accogliente perché i canadesi hanno fiducia nel nostro sistema di immigrazione e nelle nostre leggi – ha premesso Trudeau, per poi aggiungere – Non avrete alcun vantaggio nell'entrare in Canada in modo irregolare. Dovete seguire le regole, e ce ne sono molte".
La pressione al confine però cresce e il numero di cittadini originari del Salvador, del Nicaragua e dell'Honduras – anche per loro lo status di rifugiato riconosciuto dagli Stati Uniti è prossimo alla scadenza – si riversano sempre più numerosi alla ricerca di quella porta che Trudeau aveva promesso di tenere aperta. E che adesso, senza fare troppo rumore, sta gentilmente richiudendo.
L'editoriale dell'elefantino